mercoledì 8 dicembre 2010

Ali Abunimah spiega l'impossibilità di qualunque "Soluzione a due Stati"



"Quando ero uno studente, nel 1986, la mia scuola mi portò, con i miei compagni di classe, a visitare Berlino, e ricordo con vividezza l'impressione che mi lasciò la vista del Muro che divideva in due la metropoli: il Checkpoint Charlie, le guardie armate dell'Est e dell'Ovest, la terra di nessuno al di là del muro. Fui molto colpito da quanto mi apparveradicato e inamovibile quel grande meccanismo di divisione e oppressione, eppure, tre anni dopo, quel Muro crollò. Il Muro di Berlino mi insegnò ad 'aspettarmi l'inaspettato', quindi, a chi oggi mi dice che Israele, con la sua lobby, con le sue armi, con i suoi media asserviti, con i suoi muri e le sue barriere di separazione, é 'troppo forte' perché gli sforzi miei e degli altri attivisti per i diritti e la libertà della Palestina possano fare una differenza io dico: 'aspettatevi l'inaspettato!'".

Così Ali Abunimah, scrittore e giornalista Palestino-americano, ha iniziato il suo intervento a una conferenza tenutasi recentemente a Berlino, durante la quale si é discusso della situazione attuale dei palestinesi in Israele, nei Territori occupati della Cisgiordania, nel Ghetto di Gaza e nella Diaspora internazionale. All'evento era presente anche lo storico Ilan Pappe e un vasto pubblico che allineava nei suoi ranghi commentatori e analisti politici, giornalisti, attivisti pro-palestinesi e moltissima gente comune. Durante il suo intervento Abunimah ha esposto la sua disillusione verso ogni ipotesi di ventilata "Soluzione a Due Stati".

Gli sforzi per costruire due Stati sul territorio storico della Palestina, uno per gli Arabi e uno per gli Ebrei, non hanno finora portato a nessun risultato, e ciò é solamente logico perché tali sforzi, per quanto nobilmente ispirati, partono da un assunto che falsifica la realtà: essi pretendono infatti di costruire una fittizia "parità" fra Arabi ed Ebrei, una parità che non esiste perché una parte ha occupato le terre dell'altra, una parte ha aggredito ripetutamnte l'altra, una parte scatena contro l'altra tutta la propria influenza politica e mediatica che é soprattutto forte con le più forti nazioni del mondo: gli Stati Uniti d'America e l'Europa Occidentale, una parte possiede un esercito addestratissimo e superarmato che usa senza ritegno o scrupolo morale, e non permetterà mai, mai, che l'altra parte si avvicini anche solo lontanamente ad avere un'organizzazione statale con pari dignità e potere di difendere la propria popolazione dagli abusi, dalle aggressioni e dalle angherie che ha subito ininterrottamente da oltre sessant'anni.
Caustico come sempre Latuff in questo cartoon dice una grande verità. Anche se esistesse uno Stato Palestinese sarebbe sempre ostaggio della potenza militare israeliana, che lo terrebbe costantemente sotto scacco.
Non si può raccontare la storia dell'Olocausto pretendendo che le SS e le vittime di Auschwitz fossero "parti in conflitto", "ognuna con le proprie ragioni", possiamo forse farlo? Sarebbe un'insulto alla Storia, un insulto alle vittime e una ingiustificabile glorificazione e assoluzione dei carnefici, giusto? E gli Stati Uniti e l'Europa pretendono di spiegare la questione palestinese, una questione di aggressione, occupazione, colonialismo e oppressione come "Conflitto israelo-palestinese"? Perché questo doppio standard?
Anche questo muro sembra inamovibile ed eterno...oggi.
Ma possiamo trovare una via d'uscita da questa palude, da questo labirinto di bugie, se ci volgiamo attorno a guardare a come é stato risolto il "conflitto" fra africani neri e i loro oppressori afrikaans che avevano imposto la segregazione e il razzismo dell'Apartheid, esattamente come oggi Israele impone la segregazione dei muri e delle barriere e dei posti di blocco e delle colonie illegali. Con la creazione cioé di uno Stato unico, dal Giordano al Mare Mediterraneo, che protegga e difenda tutte le etnie, tutte le culture, tutte le religioni, tutte le coscienze e le posizioni politiche sotto la regola della legge e della democrazia rappresentativa.

Al di fuori di questa cornice, di questa prospettiva, non c'é speranza di pace, né di giustizia.

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