domenica 9 ottobre 2011

Il tiranno di Sanaa Abdullah Saleh promette: "Mi dimetterò presto", ma chi gli crede?



"Non voglio restare al potere e mi dimetterò tra pochi giorni"; in bocca a qualunque altro personaggio queste parole potrebbero tranquillamente venire prese come una dichiarazione di prossimo pensionamento ma, pronunciate da Ali Abdullah Saleh, ex-Padre padrone dello Yemen (prima del Nord, poi di tutto quanto dopo l'annessione forzata seguita alla guerra di inizio anni '90), hanno piuttosto il suono di un ennesimo espediente per cercare di "passare la nuttata" (per dirla con Eduardo), guadagnare tempo in attesa che, distratta l'attenzione del mondo dall'assegnazione del Nober per la Pace all'attivista dell'opposizione Tawakkul Karman, non si creino le condizioni favorevoli per una "Tienanmen in Arabia Felix", magari col sostegno (tacito o esplicito) di Riyadh o Washington, che nel peggiore dei casi si potranno sempre mettere di fronte al fatto compiuto.

Veterano di oltre trent'anni di potere assoluto é molto, molto difficile che Saleh sia disposto ad abbandonare lo scranno senza colpo ferire, del resto, se avesse voluto dimettersi, non avrebbe avuto che da comunicare da Riyadh (dove é rimasto ricoverato per mesi dopo l'attentato esplosivo che lo ha colpito a giugno) il passaggio delle consegne ad Abd Rabbo Mansour, suo vice che aveva assunto l'interim durante la convalescenza, e rimanere quindi sicuro e protetto dai suoi alleati sauditi, al di là da ogni ritorsione e rivendicazione dei suoi ex-'sudditi', difeso dall'inviolabilità concessagli dalla bozza di accordo per la transizione 'cucinata' dal GCC.

Il solo fatto che Saleh, con un simile 'sentiero dorato' verso un'uscita di sicurezza a tutta prova, abbia invece optato pochi giorni addietro per un imprevisto e sorprendente rientro in patria dimostra che l'ex-amico fraterno di Saddam Hussein (dal 2001 gettatosi in braccio a Bush jr e divenuto un improbabile alfiere della lotta ad Al-Qaeda -dove con  'Al Qaeda' si intende qualunque gruppo che si opponga a lui-) ha tutta l'intenzione, come l'eroina rossiniana, di "far giocare cento trappole" prima di venire costretto, in una maniera o nell'altra, a inalberare bandiera bianca.
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