sabato 29 gennaio 2011

Le strade di Amman si riempono di manifestanti, al re Hashemita vengono i sudori freddi!


Migliaia di persone in Giordania si sono riversate nelle strade protestando e manifestando per chiedere le dimissioni del Primo Ministro Samir Rifai, nonché una decisa azione del Governo per calmierare i prezzi dei beni di prima necessità, che l'inflazione fuori controllo e un devastante tasso di disoccupazione stanno rapidamente mettendo fuori della portata di acquisto della maggioranza delle famiglie.
Sovrano da operetta buono per i servizi dei rotocalchi, Abdallah di Giordania con la sua sottomissione ai diktat del liberismo imperialista ha condannato il suo popolo alla miseria e alla fame...
Come già la settimana scorsa e quella ancora prima la protesta ha preso il via dopo le tradizionali preghiere del venerdì, con gli attivisti del maggior partito d'opposizione di ispirazione musulmana che si sono uniti a rappresentanti dei sindacati e dei partiti e delle organizzazioni di sinistra e progressiste fuori dalle moschee, inalberando cartelli e srotolando striscioni che recitavano: "Mandate i corrotti in tribunale".
Samir Rifai in una foto d'archivio, oggigiorno sorride molto di meno...
Rifai (foto sopra), campione delle ricette neoliberiste e dell'economia finanziaria e creativa raccomandata dall'IMF, dalla Banca Mondiale e da simili centrali dello sfruttamento globale dei lavoratori, é letteralmente detestato dai suoi concittadini, che lo ritengono architetto degli sconti fiscali progressivi che condannano i lavoratori dipendenti e salariati a pagare, in proporzione, più tasse rispetto alle fasce più agiate della popolazione".

"Rifai, rifai, vattene via, i prezzi sono in fiamme e lo siamo anche noi", é solo uno (e anche uno dei più educati) fra gli slogan scanditi ieri nelle strade di Amman.
Cibi tipici della gastronomia araba e beduina, una tavola simile é diventata via via un sogno per una fascia sempre più vasta di famiglie giordane...
L'inflazione nel regno Hashemita é volata dal 4,6 per cento al 6,1 per cento solo nel corso dell'ultimo mese, dodici giordani su cento non hanno alcun reddito e uno su quattro vive al di sotto della soglia di povertà.

Per affrontare le richieste della popolazione l'impopolare primo ministro ha annunciato un nuovo pacchetto di incentivi per far scendere il prezzo del riso, dello zucchero, del bestiame e del gas combustibile anche se sembra che ormai la piazza non possa accontentarsi di meno che della sua rimozione. "Nemmeno le dimissioni di Rifai arresteranno la nostra protesta", puntualizza Ibrahim Alloush (sopra), professore universitario incarcerato nel 2003 per reati d'opinione, intervistato dall'Associated Press; "Non é una questione di facce, ma delle scelte e delle politiche che ci stanno dietro, per troppo a lungo la Giordania é stata governata a esclusivo vantaggio della corte e di un ristretto gruppo di privilegiati, ora tutto questo deve cambiare".

Il Cairo come Saigon! Evacuata con elicotteri l'ambasciata sionista!


E poi si parla di "Corsi e ricorsi storici", fatto sta che, con le notizie che parlano del Cairo come teatro di scontri violenti, roghi e saccheggi qualcuno deve aver cominciato a sudare freddo all'ambasciata Cairota di Tel Aviv, nonostante essa si trovi all'attico di un edificio piuttosto alto (foto sopra), così, in una replica modernizzata di una scena resa drammaticamente iconica dagli scatti che ne furono realizzati 35 anni fa, si sono visti nuovamente elicotteri accorrere in fretta e furia per evacuare personale dall'ambasciata di uno Stato guerrafondaio, imperialista e colonialista e sottrarli al pericolo rappresentato da una popolazione finalmente libera che si rivolta contro il tiranno (fin troppo amico dei guerrafondai, degli imperialisti e dei colonialisti) che l'ha oppressa finora.

Saigon 1975, Cairo 2011.

Perché succeda ancora, che cadano i tiranni, che fuggano i lacché, che i popoli trionfino.

La Casa Bianca provò, invano, a corteggiare lo "Scilipoti libanese" prima del voto di martedì (che ha visto Mikati prevalere)


Esattamente a Mezzogiorno meno due minuti di martedì 25 gennaio scorso, un parlamentare cristiano eletto nei ranghi dell'Alleanza del 14 marzo in un collegio della Valle della Bekaa, tale Nicola Fattoush (sopra), si é alzato dal suo banco per pronunciare il proprio voto nel ballottaggio fra Saad Hariri e Najib Mikati, scegliendo di sostenere il secondo.

Mikati avrebbe comunque vinto 67 a 61 anche senza il cambio di casacca di Fattoush, ma questo voto, tuttavia, reca con sé un importante significato politico, non solo libanese, ma regionale e internazionale, visto che, poco prima di dichiararsi per il candidato dell'alleanza di centrosinistra, l'onorevole Fattoush era stato visitato nel suo collegio elettorale nientepopodimeno che dall'ambasciatrice a stelle e strisce nel Paese dei Cedri, Maura Connelly in carne ed ossa. Immaginatevi se, il 13 dicembre 2010, Siquilini o Scilipoti avessero ricevuto una pubblica visita dell'ambasciatore di Washington David Thorne, venuto a implorarli di votare pro o contro la fiducia a Berlusconi. Il paragone rende l'idea?

Se ancora la prospettiva non fosse chiara lasciateci aggiungere che lasciare correre il proprio massimo rappresentante diplomatico da una figura politica minore come Mr. Fattoush (Nicola, non volercene) rappresenta solo l'ultimo esempio di come Obama e il suo Dipartimento di Stato rimpinzato di filosionisti non abbiano uno straccio di strategia riguardo il Libano (ma anche gran parte del Medio Oriente): limitandosi, sporadicamente, a esercitare incostanti picchi di pressione "massimalistica" su coloro che percepiscono come 'alleati' mentre si rifiutano ostinatamente di dialogare e discutere con gli 'avversari'.

Adesso che gli 'alleati' degli Usa sono all'opposizione e che l'antica Fenicia é guidata da una coalizione che ha a cuore la sua autonomia e indipendenza, la Casa Bianca avrà bisogno di un approccio affatto simile a quello tenuto finora. Obama deve riuscire finalmente a svincolarsi dalla rozza e ristretta mentalità "o con noi o contro" che ha ereditato dall'Amministrazione neocon di Bush e dei bushevichi, perché il grosso fallo di Barack Hussein é proprio questo, anche in politica estera non ha avuto il coraggio di distaccarsi dalle fallimentari politiche del predecessore; a parte qualche discorso ispirato il timore di venire 'grigliato' dalla critica é stato più grande dell'ambizione di incarnare quel 'cambiamento' che tanto il suo comitato elettorale aveva strombazzato in lungo e in largo durante la corsa al Campidoglio.

Il fulcro della politica bushevica in Libano si concentrava nell'ossessivo mantra "distruggere Hezbollah, distruggere Hezbollah, distruggere Hezbollah"; come risultato ha portato una guerra sanguinosa scatenata da Israele che si é trasformata in una clamorosa sconfitta (la seconda per mano dei militanti sciiti, e di gran lunga più netta di quella del 2000), in un trampolino di popolarità per il movimento che ora partecipa della coalizione di Governo. La Siria, sostenitrice degli sciiti (secolari -Amal- o religiosi -Hezbollah-) ha visto crescere nuovamente il suo prestigio e la sua influenza nel Paese, questa volta senza l'incomodo logistico e l'imbarazzo diplomatico di dover mantenere un contingente di occupazione fra Beirut, Tiro e Sidone.

Non solo, ma oggi gli alleati di sciiti e siriani si contano a migliaia fra i cristiani maroniti guidati da Aoun, che nel 1990 combatté sanguinose battaglie contro gli armati di Assad e, una volta cementata, una coalizione tanto trasversale e tanto popolare nel paese, ha avuto buon gioco a screditare le goffe manovre del Tribunale speciale e i suoi tentativi di 'fabbricare' un'accusa credibile contro la Siria prima, ed Hezbollah poi.
La Russia di Medvedev ha già iniziato a 'regaliare' di carri armati, elicotteri e artiglierie il Libano, non si vede perché dovrebbe smettere...
Cosa farà Obama? Farà saltare gli accordi commerciali col Libano? Negherà nuove consegne di materiale militare? Opzioni limitate e di poco impatto, il commercio con gli Usa non ha eccessiva rilevanza nell'economia libanese, che può contare su rapporti ben più solidi e fiorenti con la Turchia di Erdogan e, ovviamente, con la Siria e per quanto riguarda i contratti militari Cina e Russia saranno più che disposte a equipaggiare le forze armate libanesi di tutto il necessario.

L'unico sentiero produttivo potrebbe essere la riapertura immediata di colloqui Siro-Israeliani sullo status delle Alture del Golan, un approccio indiretto che potrebbe in qualche modo indurre Bashir Assad a 'svincolarsi' dai partner sciiti di Beirut e Teheran, nella speranza di riavere con le trattative ciò che suo padre perse con le guerre. Ma, ovviamente, per prendere questa strada, Obama dovrebbe avere i 'cojones' politici e morali per imporre la sua visione a Netanyahu e minacciarlo di chiudere il rubinetto degli aiuti (3 miliardi di dollari l'anno) se Israele non si impegnerà a ritirarsi da tutta o quasi la fascia di colline occupate.

E, sinceramente, dubitiamo che ciò sarà mai possibile, perlomeno prima delle elezioni del 2012.

Ma probabilmente anche dopo.

venerdì 28 gennaio 2011

Ex-membri delle Brigate Al-Aqsa giurano vendetta contro Fatah in nome di Hassan Madhoun!


L'Unità Nabil Masood, un gruppo scissionista delle "Brigate dei Martiri di Al-Aqsa", ha dichiarato in un recente comunicato che intende far pagare ai capi di Fatah che spadroneggiano sulla Cisgiordania la loro cooperazione nell'assassinio di Hassan al-Madhoun, membro della Resistenza di Gaza che rifiutava la politica di sottomissione agli israeliani e portava avanti la lotta con pochi compagni e il sostegno di alcuni membri dell'ala militare di Hamas.
Abbas nei panni di un settler ebreo fondamentalista, visto da Carlos Latuff.
Il gruppo, nello stesso comunicato, ha invitato i cittadini e soprattutto i giovani della West Bank a seguire l'esempio dei loro coetanei tunisini, egiziani e yemeniti e trasformare i prossimi giorni in altrettante vampate di rivolta e rabbia contro chi si lascia corrompere dalle lusinghe e sioniste e occidentali, tradendo il proprio popolo e la propria patria.

"Riteniamo Nasr Youssef, Samir al-Mashharawi, Rasheed Abu Shbak e Mohamed Dahlan pienamente responsabili per l'uccisione di Madhoun e d'ora in poi non vi sarà rifugio o santuario per coloro che hanno preferito cospirare col nemico a danno del fratello e del compatriota". Il gruppo ha altresì dichiarato che il missile sionista che uccise Madhoun all'interno della sua auto insieme a un membro delle Brigate Al-Qassam venne richiamato sul bersaglio da un cellulare modificato all'uopo, donatogli da un miliziano di Fatah che era entrato a far parte della "polizia dell'Anp".

Le Brigate dei Martiri di Al-Aqsa sono state pressoché sciolte da Fatah, che ne ha assorbito gli elementi più fedeli alla leadership di Abbas nella gendarmeria coloniale che controlla la Cisgiordania reprimendo la Resistenza e perseguitando i simpatizzanti e i membri di Hamas ivi residenti.

Egitto; entra in scena l'esercito, ma gli scontri continuano, in fiamme la sede del partito di Mubarak



Mezzi blindati e soldati in elmetto e mimetica khaki sono scesi oggi in campo nella confusa arena egiziana dove, dopo le tradizionali preghiere del Venerdì, la popolazione ha ripreso a sfidare gli interdetti e i coprifuoco del Governo, apparentemente insensibile ai disperati tentativi della polizia di sciogliere gli assembramenti e riportare l'ordine.
Al contrario dell'Esercito, che non ha attaccato i manifestanti, la polizia egiziana é ricorsa alle armi con una facilità e una ferocia maggiore di quella mostrata nei giorni precedenti.
In quella che é stata una vera e propria "giornata del furore" l'epicentro delle proteste e degli scontri si é spostato più volte tra il ponte del 6 Ottobre, piazza della liberazione, la Moschea di Al-Azhar e persino attorno al palazzo presidenziale di Mubarak.
Un altro poliziotto egiziano che apre il fuoco sulla folla.
Il personale dell'esercito, tuttavia, non si é direttamente impegnato contro i manifestanti, che sembrano perfino averne festeggiato l'arrivo; soldati e mezzi motorizzati e blindati si sono posizionati attorno a zone critiche della capitale, come ad esempio la sede della TV di Stato...per poterle difendere o per prenderne il controllo?
Manifestanti devastano placard con l'effige del 'delfino' Gamal Mubarak
 Poco dopo l'una e mezza si é saputo che il Quartier generale del Partito nazionale democratico, la formazione politica di Mubarak che é tutt'uno con lo Stato egiziano, é stato saccheggiato e dato alle fiamme, colonne di fumo scuro sono state riportate da tutte le fonti giornalistiche e da tutti i testimoni oculari. Mubarak, intanto, ha annunciato che terrà un discorso alla nazione, ma non quando lo farà. Alla notizia il Dipartimento di Stato Usa ha deciso di posporre una sua "press conference" per aggiornarla dopo che il presidente egiziano avrà tenuto il suo appello.

In una dichiarazione di rara mendacia e ipocrisia il Primo Ministro sionista Benji Netanyahu si é detto certo che l'Egitto uscirà fuori "rafforzato e più democratico" dalla situazione attuale e che si rivelerà un partner ancora migliore per Israele.

La Tunisia non si accontenta della fuga del tiranno, vuole che se ne vada tutta la cricca!



In Tunisia la fuga di Ben Ali non ha spento la voglia del popolo di scendere in strada e lottare per il proprio futuro, l'esilio del tiranno filo-occidentale non ha segnato la fine delle dimostrazioni, tutt'al più ha fornito un punto saliente, il momento in cui dalla protesta cieca si é passati a una serie di dimostrazioni più consce e "mirate".

E dove sia puntato il bersaglio, é fin troppo chiaro e basta seguire il video riportato qui sopra per capirlo, i tunisini non vogliono che la loro lotta e la loro conquista venga "scippata" da un manipolo di burocrati compromessi (se non parte integrante) del Regime che si "intrufolino" nel vuoto di potere lasciato dal fuggiasco Ben Ali per 'guidare il paese' e, gattopardescamente, organizzare un 'cambiamento' estetico ed esteriore che lasci quanto più del 'vecchio' intonso e indisturbato.

Anche la mossa di rassegnare le dimissioni dal partito al potere prima di dare vita al "Governo d'interim", o quella di promettere una propria non-candidatura alle prossime elezioni politice (strade entrambe percorse dall'attuale Primo Ministro Mohamed Ghannouchi), non sono state sufficienti a placare gli animi della piazza, che chiede immediate e totali dimissioni dell'attuale esecutivo.
"Feltman go Home", i Tunisini così accolgono l'inviato speciale di Dama Clinton Jeffrey Feltman, arrivato a Tunisi per aiutare gli ex-alleati di Ben Ali a 'gattopardizzare' la situazione...
Quello che i giovani senza lavoro, i laureati costretti alla via dell'emigrazione, le famiglie col potere d'acquisto divorato dall'inflazione devono capire immediatamente é che per loro non vi sarà tregua o miglioramento alcuno se, oltre a un ricambio di "facce" ai vertici del potere essi ed esse non domanderanno anche un deciso e totale distacco dalle politiche economiche privatizzatrici e neoliberiste applicate da Ben Ali per anni e anni dietro il ricatto del Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e altri simili agenzie.

La rivolta non deve essere limitata allo sgherro dell'imperialismo e del neo-colonialismo occidentale e liberista, ma deve essere condotta a fondo contro i suoi stessi presupposti economici, che spargono nel mondo precarietà e impoverimento per i lavoratori nel perverso tentativo di rendere questi sempre più deprivati e sfruttati e fare così sempre più ricchi coloro che su tali privazioni e sfruttamenti costruiscono le proprie oscene ricchezze.

giovedì 27 gennaio 2011

"Dalle loro opere li riconoscerete", come il cacicco dell'Occidente Ali Abdullah Suleh martirizzava il proprio popolo...


Find more videos like this on Arab Media Community



 Spesso la Rete riesce a funzionare come una grande memoria collettiva, dove, nonostante tutta la nostra distrazione, la nostra ipocrisia, la nostra pigrizia, la nostra ignoranza, é possibile, con un po' di sforzo e di buona volontà, trovare segni e tracce del passato più o meno recente che ci aiutino a interpretare e capire il presente. Il video scovato dalla nostra infaticabile Redazione sul sito "Arab Media Community" ci mostra che cosa volesse dire vivere sotto il tallone di Ali Abdullah Saleh, il presidente yemenita che veniva rieletto a ogni mandato con percentuali di consenso che avrebbero suscitato l'invidia di Gomulka, Zhivkov e Ceausescu.


Notate come nel non totalmente imparziale commento della speaker, venga sapientemente evocato il "babau" di Al-Qaeda quando si parla dello Yemen del Sud, quando persino quel veicolo di informazione non del tutto cristallino e imparziale che é Wikipedia nel suo articolo in merito indica solamente come "presunta" la presenza di attivisti binladeniti nel paese (la cui parte meridionale non ha certo bisogno di rivolgersi al Wahabismo per trovare motivi di attrito e risentimento col Nord, cui venne annessa dopo una brutale guerra civile nell'ambito della 'normalizzazione' dell'Asia e dell'Africa seguita alla caduta dell'URSS).


Questa insurrezione, insieme alla contemporanea turbolenza degli sciiti zaidi nelle province settentrionali costituiscono il motivo principale per cui Ali Saleh si sia totalmente "gettato" tra le braccia di Bush prima e di Obama poi, ansioso di poter etichettare come "Qaedista" ogni insorto contro il suo tirannico e corrotto regime, in modo da far convergere sul tapino i molteplici mirini dell'arsenale yankee.


Quindi, lettori, non credete a 'secondo protocollo' e 'liberali per israele' quando vi verranno a raccontare fosche storie di barbuti fanatici rintanati in grotte che progettano di portare la sharia in Europa a suon di stampanti al tritolo, scarpe al plastico, letterine all'antrace e altre consimili panzane. La ragione della protesta che sta scuotendo l'Arabia Felix l'avete qui, celata fra quei cadaveri di bambini pietosamente allineati sotto tappeti stinti e sdruciti... 







Aggiornamenti dall'Egitto, sei i morti, violenze poliziesche in aumento, ma la rivolta non si ferma


Egyptian Revolution Jan 25th 2011 - Take what's Yours! from JoeChaban on Vimeo.

Le dimostrazioni in Egitto per la destituzione del presidente-dittatore Hosni Mubarak e lo smantellamento del regime che ha ereditato da Anwar Sadat e mantenuto in piedi per oltre trent'anni sono proseguite per tutto il giorno, diffondendosi anche in diverse città che ieri non ne erano state toccate, la polizia oggi però ha reagito con maggiore violenza, particolare che diversi analisti arabi e internazionali hanno interpretato come un segno di nervosismo da parte dei suoi comandanti e dei loro referenti politici.

La conta dei morti ha toccato oggi quota sei, mentre più di 500 persone sono state arrestate e molte centinaia hanno riportato traumi, contusioni, ferite e intossicazione da gas lacrimogeni, dimostrazioni e scontri erano segnalati fino a poche ore fa al Cairo, nel sobborgo di Madenat as-Sades (Città 6 Ottobre) a Suez, Mahal el-Kubra, Damietta e Alessandria.

"Vediamo giovani che letteralmente si lanciano contro le barriere di scudi e di manganelli dei polizioni in assetto antisommossa, che formano catene umane attorno ai blindati per bloccarli, la loro frustrazione li rende sprezzanti dei rischi, insensibili ai colpi, questi giovani sono tanto disperati da non tenere nemmeno più alla loro incolumità", così il redattore capo del quotidiano Al-Badil, Khaled al-Balashy, ha descritto le scene cui ha assistito.

Diverse donne-reporter sono state pestate e sottoposte ad angherie e offese dai poliziotti, che solo un massiccio intervento di dimostranti é riuscito ad allontanare dalle loro vittime. "Le proteste potrebbero anche non portare a risultati clamorosi e immediati", avverte Qutb al-Arabi, attivista del Sindacato Stampa egiziano, "Ma sono significative, perché dimostrano come in Egitto stia emergendo una classe di cittadini giovani e determinati che sanno essere uniti e combattivi, anche di fronte alla brutalità degli apparati repressivi statali; questo avrà conseguenze molto profonde sulla società, cambiandola forse per sempre".

L'Europa donerà 300 milioni di Euro ai corrotti e screditati cacicchi di Fatah


Cieca e sorda alla tempesta di rivelazioni che, grazie all'azione della tv satellitare qatariana, hanno letteralmente spazzato via ogni credibilità e pretesa di autorevolezza dei caporioni di Fatah (restati a controllare la Cisgiordania e quel che restava dell'Autorità nazionale palestinese dopo il fallimento del loro tentato Colpo di Stato contro il legittimo Governo di Hamas) l'Unione europea ha annunciato che verserà 300 milioni di Euro nelle casse di Mahmud Abbas e compagni nel corso del 2011.

Il cacicco di Fatah "incaricato" di supervisionare la 'Pianificazione e lo Sviluppo amministrativo", tale Ali al-Jarbawi (sotto), ha commentato la notizia, rilasciata durante l'annuale consulto fra il suo Ministero e le autorità dell'Unione; secondo Al-Jarbawi il Ministero si é "lungamente preparato" per l'incontro, che ha incluso una fase di presentazione e analisi dei vari progetti di sviluppo ideati da Fatah, lo stato di avanzamento e finanziamento di quelli presentati negli anni passati e le prospettive per il futuro.

Anche un cursiorio esame dell'ordine in cui i vari settori sono stati enumerati da Al-Jarbawi mostra da subito come poco o punto di questo immenso fiume di denaro andrà a beneficiare in qualunque modo gli abitanti della Cisgiordania, oppressi e umiliati su base quotidiana dall'arroganza dei coloni fondamentalisti ebrei e dai raid e dagli arbitri delle forze armate israeliane.

Fatah ha assicurato all'UE che si occuperà:
-di ordine e sicurezza (cioé farà in modo di reprimere il crescente scontento del popolo cisgiordano verso una cricca di burocrati non eletti da nessuno e colpevoli di aver cercato di rovesciare il Governo creato dai legittimi vincitori delle elezioni del 2006).






-del settore privato (cioé Fatah distribuirà fondi e finanziamenti in modo da favorire le imprese 'favorite' di ogni burocrate e cacicco, alimentando la corruzione e soffocando ogni genuino tentativo di imporre regole di concorrenza basata sulla qualità e rapidità dei lavori).









-dell'acqua potabile e reflua (con l'infame muro di separazione tiene i Palestinesi distanti da tutte le terre più fertili e da tutti i pozzi principali, che sono stati circondati dalla barriera sionista e riservati a esclusivo beneficio della "razza superiore").

-del sostegno alla città di Gerusalemme (che Fatah ha a più riprese offerto agli israeliani durante i famosi -e inutili- "negoziati').









Non una parola per l'istruzione, non una parola per la sanità, non una parola per la sicurezza sociale.

Complimenti.

Di fronte a tanto sfacelo, l'unica notizia parzialmente confortante é che, a latere di tanto immane spreco consumato a favore di una corrotta e ipocrita schiera di politicanti, l'UE ha annunciato che rifinanzierà per il 2011 anche tutte le Agenzie internazionali (come UNRWA) che prestano assistenza ai profughi palestinesi, in Cisgiordania, a Gaza e anche nei campi di rifugiati del Libano, della Giordania e della Siria.

Effetto domino, a Sanaa, capitale dello Yemen, la folla chiede le dimissioni del tiranno locale



Un chiaro messaggio per l'ennesimo membro del club dei satrapi autoritari graditi all'occidente imperialista e neo-colonialista, l'ex-caporale Ali Abdullah Saleh, che, attraverso trentadue anni di repressioni, persecuzioni, una sanguinosa guerra civile che risultò nell'annessione senza condizioni del progressista e socialista Yemen del Sud, ha fatto il bello e il cattivo tempo dalla capitale di Sanaa, la magica città dalle dozzine di cupole di alabastro, che una volta era il centro pulsante della cosiddetta "Arabia Felix", i cui cieli ora vengono solcati dai droni Predator americani, avvoltoi meccanici in cerca di vittime umane nella loro insensata "Guerra al -o piuttosto 'tramite il'- terrore".
"Aiman (Yemen), que olim Arabia Felix", si legge su una carta rinascimentale...
Attraverso trentadue anni di dominio ininterrotto Ali Saleh ha avuto modo di assistere alla parabola discendente e all'esecuzione del suo vecchio amico e alleato Saddam Hussein e, risolutissimo a rimanere sul cadreghino e con il collo lontano dal cappio svendette prontamente il suo Paese agli americani in cerca di avamposti contro "la minaccia di Al Qaeda" (il comodo spauracchio creato dalla CIA e dall'ISI), dai quali controllare le rotte del Mar Rosso e dell'Oceano indiano e tenere d'occhio il Corno d'Africa, vicino a cui passano tutte le materie prime che vanno a nutrire l'efficiente industria manifatturiera cinese.
Ali Saleh (a sinistra in entrambe le foto), da amicissimo di Saddam Hussein ad amicissimo del suo assassino...
Saltellando da un mandato all'altro con percentuali di rielezione che variano dal 77 al 91.2 per cento Saleh si é esteso i mandati presidenziali da cinque a sette anni (tutte quelle elezioni troppo ravvicinate erano un assillo, si vede) e ha creato una camera di "consiglieri presidenziali" composta (udite! udite!!) da centoundici membri dotati di poteri legislativi, rendendo così largamente ridondante e inutile il Parlamento.
...nonché ottimo amico di altri burattini dell'imperialismo come il curdo talabani e il traditore dei Palestinesi Abu Mazen!
Non contento di un potere talmente assoluto e incontrastato da avere eguali solo in quello di Kim Jong Il e Lukashenko Saleh stava progettando di estendere la propria rieleggibilità in maniera da rimanere in sella fino al 2023 (altrimenti avrebbe dovuto abbandonare lo scranno "solo" nel 2013), ma, imprevedibilmente, il popolo ci si é messo di mezzo, scendendo in strada a protestare sulla scorta di quanto é accaduto in Tunisia e sembra si stia ripetendo anche in Egitto.

Nei cieli dell'Arabia una volta "Felix" ronzano come grassi tafani i droni Predator, comandati a distanza da piloti che siedono a migliaia di chilometri dall'Asia...e se fra qualche giorno i loro obiettivi non si trovassero più in qualche remota zona tribale di gole rocciose, ma fra le cupole traforate di Sanaa??

Fatah mercanteggiava con Israele il prezzo per l'assassinio di un suo stesso affiliato



La madre del martire palestinese Hasan al-Madhoun, ucciso da un missile israeliano, ha reagito con disgusto e orrore alla rivelazione che, prima di muovere i loro costosi elicotteri "Apache" per uccidere suo figlio insieme a un rappresentante dell'ala militare di Hamas, i dirigenti sionisti avessero cercato di "subappaltare" l'assassinio ai loro fedeli 'ascari' di Fatah, la fazione palestinese che ha attualmente il controllo della Cisgiordania ma che, all'epoca dei fatti, manteneva una certa operatività anche nella Striscia di Gaza.

La richiesta venne fatta da Shaul Mofaz, all'epoca Ministro della Difesa dello Stato ebraico (carica che perderà con la sconfitta israeliana nella guerra contro il Libano del 2006), durante un round di colloqui sullo status dei Rifugiati palestinesi, che lo misero faccia a faccia con Nasr Youssef, allora Ministro dell'Interno dell'Autorità Nazionale palestinese.
Una tavola in quadricromia; l'unico posto dove dialoghi quale quello rivelato da Al-Jazeera dovrebbero avere diritto di cittadinanza.
La lettura degli excerpta della riunione é a dir poco scioccante e sembrerebbe quasi tratta da un dozzinale romanzo di spionaggio, se non fosse per il fatto che i suoi protagonisti erano persone reali che parlavano dell'omicidio di una persona reale.

Mofaz: "[…] Hassan Madhoun, conosciamo il suo indirizzo, e Rashid Abu Shabak lo conosce anche, perché non lo ammazzate? Hamas ha sparato razzi recentemente e questa é una sfida a voi e un avvertimento ad Abu Mazen...

Youssef: "Abbiamo dato istruzioni in merito ad Abu Shabak, sta preparando un'operazione".

Mofaz: "Lo avete già detto la volta scorsa che state preparando un'operazione, ma erano quattro settimane fa, e temiamo che Madhoun voglia colpire i varchi di Karni o di Erez; non é mica un membro di Hamas, potete ucciderlo quando volete!"

Youssef: "Stiamo valutando, la situazione é complicata, le nostre possibilità di agire sono limitate...e, inoltre, voi non ci avete ancora offerto nulla di concreto in cambio".

Mofaz: "Vabbé, ho capito, non siete in grado di fare quel che ci avevate promesso, ce la sbrigheremo da soli".


Uno dei particolari più rivoltanti é che, come sottolineato dalle stesse parole di Mofaz, Madhoun non era affiliato con Hamas, anche se a volte collaborava coi suoi rappresentanti (come confermato dall'uccisione di un ufficiale delle Brigate Al-Qassam colpito dallo stesso missile israeliano), ma era anzi affiliato alle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, un'organizzazione che faceva riferimento a Fatah...nella sua ansia di servire il "massah" sionista la combriccola di ascari guidata da Abu Mazen non ha remore a offrire i suoi stessi affiliati come vittime sacrificali al Moloch di Tel Aviv.

Umm Hasan, madre di Madhoun, ha avuto altri due figli e il marito uccisi dagli israeliani e, se per coloro che hanno straziato la sua famiglia e le carni delle sue carni può comprensibilmente provare risentimento e odio, per coloro che hanno cercato di "tirare sul prezzo" della morte di suo figlio non potrà certamente che provare un infinito, incancellabile disprezzo.

La rivolta egiziana scuote Mubarak, Obama al bivio: l'o.k. alla repressione potrebbe costargli caro


Il Medio Oriente diventa sempre più complicato per l'amministrazione Obama. La rivolta popolare tunisina, la prima nel Mondo arabo a dare il benservito a un cacicco filo-occidentale, ha messo in discussione una delle pietre angolari della politica usa nel teatro in questione: il sostegno di dittatori repressivi come "garanti" degli interessi dell'imperialismo americano; non c'é stato nemmeno il tempo di articolare quanto meno un abbozzo di strategia coerente che, ispirati e infiammati dall'esempio, anche i cittadini egiziani hanno preso a protestare, in numero e con convinzione decisamente maggiore di quanto non sia accaduto finora in Algeria e Giordania (a loro volta brevemente scosse da manifestazioni di piazza).

Una prolungata e protratta protesta in Egitto, tuttavia, porrebbe problemi tutti particolari, visto che esso non solo confina con Israele, ma è anche "custode" del lato più vulnerabile del quadrilatero assediato di Gaza (il lato da cui passa la maggior parte dei beni contrabbandati in barba alle restrizioni dello strangolamento economico sionista), sul modello dell'Egitto di Mubarak sono stati elaborati tutti gli stilemi di comportamento americano verso i regimi 'amici' dei paesi arabi, l'Egitto é uno dei più grandi recettori africani (e certamente il più grande recettore arabo) di "aiuti u.s.a.", (anche se neppure lontanamente paragonabili a quelli ricevuti dallo Stato ebraico suo vicino).

L'interrogativo che rimbalza tra i saloni di Washington é delicato: se decine di migliaia di persone scendono in strada e ci restano, che cosa farà Mubarak? Che contegno assumeranno gli Usa? Se non vi fosse altra via se non una capitolazione alla Ben Ali o una strage stile Tienanmen la Casa Bianca rischierebbe di perdere una pedina come il "Faraone" Mubarak, la vacca che ride? Oppure starebbero fermi e in silenzio per quel tanto che basti ai pretoriani di Hosni per ristabilire l'ordine a suon di spargimenti di sangue?

Se la parola passasse all'esercito, che in Egitto al contrario che negli altri Stati non serve a combattere i nemici esterni, ma a montare la guardia contro la minaccia rappresentata da 80 milioni di civili, la soluzione non potrebbe essere diversa; i poveri figli di contadini arruolati nella polizia hanno pochissimi privilegi da difendere e quindi ci sono andati molto piano finora con manganelli, gas e blindati, i militari invece, fanno parte di una delle pochissime elite privilegiate del regime e sarebbero spietati per difendere il loro ruolo, i loro 'benefit', i loro 'perk'.

Da una parte il 'pericolo' (insopportabile, per gli apostoli dell'imperialismo) di vedere affondare il loro tiranno di fiducia e vedere il più grande e influente movimento politico di ispirazione musulmana (la Fratellanza musulmana) prendere il potere immediatamente e senza colpo ferire, essendo il partito più antico, autorevole e popolare del paese, dall'altra la prospettiva di una perdita di prestigio e credibilità devastante, soprattutto dopo aver strenuamente e oltre ogni ragionevolezza sostenuto la fittizia 'Rivoluzione verde' in Iran che, seppur maldestramente organizzata e subito fallita, aveva almeno dato il 'la' al Dipartimento di stato per riversare quintali di bile velenosa contro il democratico e legittimo Governo repubblicano iraniano, colpevole di essersi difeso contro la gazzarra di poche dozzine di facinorosi. L'acquiescenza complice durante una sanguinosa repressione egiziana mostrerebbe la duplicità dello 'standard morale' americano in tutta la sua drammaticità.

Dopo l'11 settembre 2001 la cricca di neoconservatori "bushevichi" al potere a Washington elaborò la dottrina della 'democratizzazione' e del 'regime change' in Medio Oriente, ma, in ogni paese dove si sono tenute elezioni regolari (Palestina, Irak...) i risultati sono stati sempre gli stessi: vittorie per i movimenti religiosi, scacchi e vergogna per i burattini della Casa Bianca.

Pure, gli Stati Uniti, nel passato piuttosto recente, sono stati in grado di mantenere il loro ruolo e la loro influenza in Sud-Est Asia anche facendo a meno dei loro 'dittatori di fiducia', ai generali sudcoreani, ai Marcos, agli eredi del fascista Chang Kai Shek si sono sostituiti stati più o meno democratici e più o meno accettati e rispettati dai loro cittadini; ora, non che chi scriva ritenga il perdurare dell'influenza Usa in quella regione un bene (affatto), pure le teste d'uovo di Washington e Langley potrebbero prendere quella situazione ad esempio e cercare di replicarla in Medio Oriente, ricoprendo i loro interessi geopolitici con una patina di rispettabilità internazionale.

Una maniera creativa e costruttiva di procedere, ad esempio, potrebbe essere quella di prospettare ai paesi filo-americani e non democratici della regione una serie di benefit economici in cambio di una parziale e graduale liberalizzazione dello scenario politico ed economico. Ma gli Stati Uniti avranno l'intuito, la lungimiranza, le risorse (con questi chiari di luna...) per intraprendere un'operazione simile, che sarebbe costosa e molto lenta a fornire frutti duraturi? Obama e soci devono pensarci su e prendere una decisione chiara e impegnativa...prossibilmente prima che (per loro e per i loro interessi) la sabbia nell'ampolla superiore della clessidra non abbia totalmente smesso di fluire verso il basso.