giovedì 29 gennaio 2015

Gli Editoriali del NYT: Manuali perfetti di Sinofobia Atlantista?

Recentemente ho avuto il piacere di tradurre questo articolo del "Quotidiano del Popolo" (organo del Governo della Cina Popolare) per gli amici di "Stato e Potenza"; pur non trattando a rigore di Medio Oriente lo ritengo interessante e illuminante -specie se messo in relazione con un'altra notizia che adatterò tra poco per queste pagine-, spero che possa risultarvi utile e interessante. Come al solito questo verrà indicato dalle frequenze di visite alla pagina relativa.
Nonostante il suo atteggiamento ostentato a proposito di ‘etica giornalistica’ l’americano New York Times (‘Tazebao della finanza mondialista di Wall Street e Manhattan’ – NdT) mostra una preoccupante tendenza ad assumere i peggiori vizi che intende denunciare e stigmatizzare negli altri, diventando, in certe occasioni, un outlet che evoca una ‘storia’ costruendola su una piccolissima parte di un panorama più grande, che trascura completamente di menzionare ai propri lettori.
In un editoriale intitolato “Il Saccheggio del Myanmar” la testata newyorchese usa piccoli casi sporadici per dipingere un quadro a tinte fosche nel peggior stile del ‘giornalismo giallo’ tanto caro a W. R. Hearst, dando a intendere che la rapace avidità cinese stia spogliando e danneggiando le risorse naturali birmane, condannandone l’ambiente.
La sinofobia ‘fin de siécle’ sfoggiata dal NYT, ‘Vecchia Signora in Grigio’ del giornalismo Usa, non é affatto nuova, né le tecniche che usa per demonizzare la Cina Popolare: generalizzazioni, violazione dei canoni del giornalismo corretto quali imparzialità, equidistanza, onestà intellettuale.
Nella sua tirata sul ‘saccheggio’ di Myanmar l’editoriale cita casi sporadici in cui aziende e imprenditori cinesi si sarebbero macchiati di violazioni come disboscamento illegale e altre pratiche disoneste, che sono pure avvenute ma non rappresentano certo la norma e anzi, hanno suscitato scalpore proprio per il loro essere totalmente in contrasto con le usuali pratiche di business cinese all’estero.
E’ totalmente irresponsabile prendere pochi casi e parlare di “saccheggio, spoliazione” e altri consimili termini esagerati ed allarmanti, inoltre, attribuirne la responsabilità ‘Alla Cina’ come se ogni imprenditore cinese fosse un agente straniero che risponda a ordini del Governo denota che la mentalità complottista derivata dagli anni in cui si parlava di ‘Pericolo Giallo’ nella cultura anglosassone non é mai morta.
Al contrario, il Governo cinese si é sempre opposto strenuamente al disboscamento, allo scavo di minerali con metodi che danneggiano l’ambiente, al commercio di animali selvatici e in via d’estinzione, varando chiari e severi provvedimenti affinché i rapporti coi suoi partner commerciali prevedano la lotta contro questi fenomeni e la protezione delle risorse in un’ottica cooperativa.
L’unico riferimento a ciò nell’articolo del NYT é elusivo e sfuggente e, quel che é peggio, infilato in sordina in un periodo dove si pretende che il patrimonio di Palissandro di Myanmar sia ormai “sul punto di scomparire”. Poche righe dopo, tuttavia, si evidenzia come questi ‘saccheggi’ starebbero avvenendo in aree sotto il controllo di gruppi ribelli e criminali, dove notoriamente aziende e imprenditori cinesi non operano.
A proposito dei paesi suoi vicini e come priorità di politica estera la Cina lotta da anni per raggiungere standard di prosperità e sviluppo condiviso con i suoi partner commerciali, inclusa ovviamente Myanmar, che negli ultimi anni, proprio grazie alla crescita dei suoi rapporti con la Cina, ha visto notevoli miglioramenti nella sua condizione economica, infrastrutturale, con ampie ricadute sociali.
Gli autori dell’editoriale del NYT si sarebbero anche dovuti ricordare che il Governo cinese ha sempre chiesto ai cittadini e alle imprese che operano all’estero di seguire scrupolosamente leggi e regolamenti locali, specie in fatto di norme ambientali, così da poter venire considerati ospiti graditi e partner benvenuti, anziché predoni e ‘saccheggiatori’.
Dovrebbero ricordarsi, questi parrucconi del giornalismo etico a corrente alternata, che é saggio astenersi dal saltare a conclusioni di comodo da pochi casi isolati, così come é etico presentare ai lettori visuali imparziali, lasciando che ciascuno si formi la propria opinione, secondo le proprie personali idee e preferenze.

3 commenti:

  1. Visto che non sono riusciti a fare la rivoluzione colorata con la loro marionetta Aun San Ciucia Kii (non se ne parla più della signora premio socmel, eppure le hanno provate tutte, era tutti i giorni in TV e ci hanno fatto pure un film) ici provano "di sponda" con gli ambientalisti, altro cavallo di troia di Obomba e i suoi pards, noti amici della natura (anzo la natura è solo loro).
    Scommettiamo che quando la protezione della natura si rivelerà inefficace per portare la democrazia USA in Myanmar ci proveranno con gli orecchioni? Che può essere un'epidemia finta "alla Ebola", oppure proprio quella mitica "comunità gay" che si sta trasformando (contenti loro) nella truppa d'assalto dell'impero?

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    1. Ai ricchioni piace prostituirsi e prenderlo nel culo, è più forte di loro, è nella loro (contro-)natura!

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  2. Parlano proprio gli americani che hanno gettato milioni di litri di diossina in Vietnam e ora le foreste vietnamite sono ancora sterili ... CHE FACCIE DI CULO !!!!!

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