sabato 23 ottobre 2010

Ladri di bambini: le truppe sioniste rapiscono cinque giovani Palestinesi

Forze di occupazione del regime sionista hanno arrestato adolescenti palestinesi del quartiere di Silwan, vicino a Gerusalemme Est. Fonti locali testimoniano che le truppe israeliane hanno condotto una serie di irruzioni all'alba, arrestando cinque ragazzi di cui il più anziano ha appena 17 anni.

L'area di Silwan é da molte settimane sottoposta a un assedio da parte delle forze sioniste e non si contano gli abusi e le angherie inflitte all'inerme popolazione palestinese.

Gli adolescenti catturati nel raid sono: Sohayb Al Rajbi, 13 anni; Islam Ahmed Ouda, 16 anni; and Murad Al Banna, di cui non é stata trasmessa l'età.

I residenti di Silwan stanno protestando contro il progetto israeliano di demolire le loro case ed espellerli per fare posto a coloni ebrei fondamentalisti; il rapimento dei ragazzi é quindi da inquadrarsi nelle tattiche sioniste di terrorismo e intimidazione.

Sudafrica e Yemen si impegnano per saldare la frattura Hamas-Fatah

Dignitari e dirigenti di Hamas hanno accolto le iniziative yemenite e sudafricane per la riconciliazione e la ricomposizione dell'unità palestinese, rottasi con il tentato colpo di stato di Fatah contro il legittimo Governo espresso con le elezioni del 2006.
Kgalema Motlantheh, capo della delegazione sudafricana che ha visitato i rappresentanti di Hamas.
Un portavoce di Hamas ha dichiarato: "Le iniziative dello Yemen e del Sudafrica riflettono le sincere preoccupazioni di quei governi che sperano, quando prima, di veder ristabilita l'unità nazionale, fratturata dalle ambizioni di un piccolo gruppo di politicanti non più in contatto con le esigenze e le aspirazioni del popolo di Palestina".
Khalid Mashaal, rappresentante di Hamas a Damasco.
Fonti diplomatiche hanno rivelato che il presidente yemenita Ali Abdallah Saleh si é offerto di ospitare il prossimo "round" di dialogo fra Hamas e Fatah, tramite il quale si spera di arrivare a una riconciliazione fra le parti.
Il presidente yemenita Ali Abullah Saleh.
L'ex-capo del "Comitato per la verità e la riconciliazione" sudafricano, Alexander Boraine, si trova in questo momento a Ramallah, dove ha annunciato l'inizio di una serie di iniziative per condividere con i movimenti palestinesi (Hamas e Fatah in testa) l'esperienza del proprio paese nel combattere e vincere l'apartheid razzista.

venerdì 22 ottobre 2010

"Lifeline 5" entra a Gaza, allentando la stretta dell'assedio israeliano

Dopo cinque settimane di viaggio attraverso Inghilterra, Francia, Italia, Grecia, Turchia e Siria "Lifeline 5" il convoglio di aiuti umanitari organizzato dal politico britannico George Galloway e dall'associazione non governativa Viva Palestina ha finalmente raggiunto il suo obiettivo, forzando lo strangolamento economico di Gaza, trasformata in un enorme "ghetto" dallo spietato assedio militare delle forze sioniste.

Il convoglio, composta da 150 veicolo e accompagnato da quasi quattrocento attivisti provenienti da una trentina di nazioni, consegnerà oltre tre milioni di Euro di aiuti alimentari, medici, medicinali e di utensili; gli attivisti si tratterranno a Gaza tre giorni, distribuendo il materiale, conducendo visite e incontri coi membri del legittimo Governo Palestinese, rifugiatisi a Gaza dopo il tentato colpo di stato messo in atto contro di loro dalla fazione di Mohamud Abbas in Cisgiordania.

A dispetto della grande gioia per l'obiettivo raggiunto il contegno degli ambasciatori di umanità e libertà giunti a Gaza é temperato dal fatto di aver dovuto lasciare alcuni compagni indietro: Galloway e altri 17 membri della spedizione infatti non hanno potuto portare a termine il loro viaggio a causa dell'opposizione delle autorità egiziane.

Accogliendo gli attivisti al loro arrivo nella Striscia assediata il rappresentante del Governo Ahmed Yusuf, consigliere politico del Primo ministro palestinese Ismail Haniyeh ha dichiarato che l'arrivo di "Lifeline 5" a Gaza infonde nuova vita nei cuori e negli animi del suo popolo, rinnovandone la determinazione a continuare con la sua giusta lotta e resistenza alle angherie israeliane.

La Conferenza degli stati musulmani contro la minaccia atomica sionista

Il professor Ekmeleddin Ihsanoglu, capo della Conferenza dei paesi musulmani (OIC), ha enfatizzato il bisogno di continui sforzi verso il disarmo nucleare e la non-proliferazione di tecnologie atomiche a scopi bellici, significando il bisogno di un approccio globale alla questione, con misure che garantiscano un equilibrio bilanciato e non discriminatorio.
Il professor Ihsanoglu, segretario-generale dell'OIC.
Durante un discorso rivolto a un forum sulla non-proliferazione nucleare tenutosi nella capitale egiziana del Cairo lo scorso martedì il segretario-generale dell'OIC ha respinto le "preoccupazioni per la sicurezza" accampate da acclarate potenze nucleari che si trovano a spingere per la non-proliferazione verso altri paesi, con l'esplicito obiettivo di mantenere intatti i loro arsenali.
Mordechai Vanunu, il tecnico nucleare israeliano che per una crisi di coscienza allertò il mondo sul crescente arsenale atomico sionista. Ancora oggi é perseguitato dalle autorità israeliane per il suo gesto coraggioso.
"Il possesso di armi nucleari da parte del regime sionista", ha detto Ihsanoglu "costituisce una serissima minaccia alla sicurezza dell'intera regione e alla pace internazionale. Israele dovrebbe disarmare le proprie testate nuceari e unirsi alla comunità di stati firmatari del TNP, prima di poter indicare obiettivi di non-proliferazione nel Medio Oriente".

Un Medio Oriente privo di armi nucleari, ha aggiunto, sarebbe un fenomenale incentivo agli sforzi per la pace e la coesistenza sicura fra gli stati della regione.

D'altro canto, ha infine concluso, lo sviluppo di tecnologia nucleare per scopi medici ed energetici é diritto di qualunque stato e qualunque popolo; l'OIC sostiene ed incoraggia i propri stati membri a perseguire la strada della ricerca e dello sviluppo anche sul sentiero del nucleare.
La Repubblica iraniana viene accusata da Israele, potenza nucleare illegale, di costituire una "minaccia" per il suo programma atomico pacifico. Purtroppo la forza della lobby ebraica dei media consente tali grossolane mistificazioni della realtà.
La Repubblica iraniana, spesso al centro di campagne di propaganda orchestrate da Israele e dalla lobby sionista attiva negli Usa e in Europa, per un suo "presunto" programma nucleare militare (mai provato da tutte le inchieste IAEA) é firmataria del TNP fin dagli anni '70; Israele invece, potenza nucleare "illegale" e proliferatore di tecnologie nucleari verso il Sudafrica dell'apartheid e la dittatura dei generali argentini, rifiuta di sottoscrivere il patto anti-proliferazione.

giovedì 21 ottobre 2010

Philip Giraldi: un "paleoconservatore" contro "neocon" e la lobby filoisraeliana

Traduciamo a beneficio della platea di lettori italiani un'intervista, pubblicata sul sito web "Palestine Telegraph", con Philip Giraldi, ex-ufficiale dei servizi d'informazione militare statunitensi ed esperto di contrasto al terrorismo.

Philip Giraldi, attivo collaboratore della rivista "American conservative", é stato strumentale nello svelare l'inganno del Nigergate, con cui l'amministrazione Bush tentò di giustificare la sua aggressione all'Irak.

Giraldi é stato intervistato dal giovane e brillante giornalista iraniano Kourosh Ziabari.
>Ziabari: Perché la lobby filoisraeliana é così potente, influente, autorevole negli Usa? Israele é davvero il rappresentante degli Usa in Medio Oriente oppure grazie alla sua lobby é in grado di influenzare il suo maggiore finanziatore e alleato?
Giraldi: La lobby filoisraeliana é potente perché é riuscita a occupare alcune posizioni chiave nella società americana, soprattutto nei media e nei circoli di pressione politica. Ormai un politico americano che si mostri non dico ostile a Israele, ma anche solo equanime nella valutazione della questione arabo-israeliana (o israelo-palestinese) verrà attaccato con violenza dai media e perderà sottoscrizioni e donazioni per decine di milioni di dollari. Un solido "bias" filoisraeliano è molto più sicuro e redditizio per chi ambisca a cariche politiche negli Usa.

Ziabari: Il Presidente dell'Iran ha recentemente dichiarato che bisognerebbe rivedere e investigare meglio gli eventi dell'undici settembre, suscitando diverse reazioni negative. Gli attentati delle Torri gemelle sono ormai un tabù per l'opinione pubblica usa?

Giraldi: Affatto; le reazioni negative cui lei accenna sono venute solo da coloro che hanno interesse a lasciare nell'ombra la verità e a perpetuare il mito dell'attentato condotto da diciannove sauditi addestrati sui piper monomotore. Molti sanno che agenti Israeliani erano all'epoca impegnati in una colossale operazione spionistica su suolo americano, e, nel migliore dei casi, non hanno comunicato a Washington ciò che sapevano sugli imminenti attentati perché Israele sperava che un grave attacco terroristico in america avrebbe avvicinato la Casa Bianca alle posizioni israeliane. Questo é puntualmente successo e ha gravemente danneggiato gli interessi nazionali americani, ma é stato un vero dono del cielo per Israele.
Ziabari: Quale é la sua posizione su Israele e il suo arsenale nucleare non dichiarato? Secondo lei é in atto un doppio metro di giudizio sulle attività nucleari israeliane e quelle, ad esempio, nordkoreane o iraniane?

Giraldi: Assolutamente sì, non esiste ragione per trattare Israele differentemente dalla Korea del Nord per quanto riguarda il suo arsenale nucleare, il suo ruolo di proliferatore di tecnologie correlate e così via, ma ovviamente la lobby filosionista impedirà che qualunque misura in merito sia presa da parte americana.

Ziabari: Lei é molto critico delle posizioni e delle politiche adottate dal suo paese nell'arena mediorientale; non le sembra strano? Non crede che una persona come lei, ex-militare, ex-membro dell'intelligence e di convinzioni politiche conservatrici dovrebbe sostenere le azioni dell'establishment politico del suo paese?

Giraldi: No, e le dirò di più, le mie critiche sono sempre state esplicite e dirette anche quando ero in servizio e non mi hanno mai causato problemi, e non sono certo il solo ad avere simili posizioni. Gli ufficiali del controspionaggio e dell'intelligence sono abili a riconoscere le menzogne e la maggior parte delle iniziative politiche americane in Medio Oriente sono basate sulla menzogna e sulla falsificazione della realtà.

Nella Gaza assediata le macerie offrono materiale per la ricostruzione

Nell'Occidente sazio e sprecone il riciclaggio dei materiali di scarto è un vezzo da ambientalisti, ma nella Striscia di Gaza ridotta a ghetto assediato dalle forze armate del regime sionista esso é una scelta di vita e un'arma di resistenza usata quotidianamente dal popolo di Palestina per far sapere ai suoi oppressori che la sua dignità non é in vendita a nessun prezzo.
Come già accennato in un precedente post a Gaza ormai da molto tempo i detriti di calcestruzzo vengono recuperati e trasformati in una base per nuovo cemento.
Anche gli scheletri degli alberghi di Gaza, ridotti a macerie scorticate dal napalm e dal fosforo bianco dell'aviazione sionista, partecipano a questa rivendicazione: estratti a forza dalle loro viscere sgretolate, colpite a morte durante il violentissimo e spietato ''pogrom'' militare di venti mesi fa, tondini e armature metalliche vengono recuperati e avviati alla fusione e al riutilizzo: forniranno sostegno alle nuove costruzioni di Gaza, costruzioni che proclameranno l'eterna sfida della Palestina a chi la vorrebbe asservita e sottomessa.

mercoledì 20 ottobre 2010

Nuovo grave imbarazzo diplomatico per Israele

Il presidente dello stato ebraico Shimon Peres ha cancellato la sua progettata visita a Rabat dopo aver ricevuto conferma che il sovrano del Marocco si sarebbe rifiutato di riceverlo. Sua Maestà Maometto VI ha deciso in tale senso a causa delle circostanze politiche create dall'arenarsi del dialogo fra Israele e la fazione palestinese al potere in Cisgiordania.

Ai microfoni di Radio Israel l'ufficio stampa della real casa marocchina ha annunciato che il sovrano non sarebbe stato disposto a ricevere mister Peres durante i lavori del prossimo Forum economico mondiale. Secondo quanto dichiarato dall'ufficio stampa la questione della mancata estensione alla moratoria sull'espansione degli insediamenti illegali dei coloni fondamentalisti ebrei (che comunque la ignoravano allegramente) é alla base della decisione reale.

Israele sperava di poter premere sul sovrano del Marocco per alleggerire la forte posizione di condanna della Lega araba, ma ha incassato un ulteriore smacco.
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martedì 19 ottobre 2010

Hamas incontra una rappresentanza dei Global Elders

Una delegazione dell'organizzazione internazionale per i diritti civili Global Elders, guidata dagli ex presidenti irlandese e americano
Mary Robinson e Jimmy Carter ha incontrato la leadership del movimento musulmano di resistenza Hamas nel corso di una propria visita nella Striscia di Gaza e a Damasco.

La delegazione internazionale ha conferito dapprima a Gaza con Ismail Haniyeh, capo del legittimo governo eletto dal popolo Palestinese con le libere elezioni del 2006, quindi ha incontrato il capo del movimento Hamas nella capitale siriana.

Hamdan ha confermato a Carter e alla Robinson che il movimento di resistenza é aperto al dialogo e alla trattativa: tanto nei confronti dell'Anp di Abbas (che cercò di effettuare un colpo di stato contro il governo palestinese guidato da Hamas) quanto nei confronti di Israele e che é piuttosto la rigidità e l'intransigenza dello stato sionista a rallentare procedimenti, come ad esempio la liberazione del soldato delle forze di occupazione Gilad Shalit che avrebbero altrimenti essere state già portate a conclusione.

"Quello che necessita ora", ha concluso Hamdan, "é una grande mobilitazione e pressione internazionale su Israele affinché cessi i suoi soprusi contro la popolazione palestinese in generale e quella di Gaza in particolare".

lunedì 18 ottobre 2010

Il nonno di Gilad Shalit critica Netanyahu: "Liberi i prigionieri palestinesi in cambio di mio nipote!"

Il nonno del soldato israeliano Gilad Shalit, catturato dalla resistenza palestinese mentre era impegnato in operazioni di persecuzione e repressione degli abitanti dei Territori occupati, ha rilasciato una dichiarazione con la quale chiede al capo del Governo Benjamin Netanyahu un cambio di atteggiamento nella trattativa per il rilascio del nipote, vista l'infruttuosità della condotta tenuta sin qui.

Zvi Shalit, ai microfoni di Radio Israel, ha dichiarato: "C'é solo una cosa che Hamas pretende per rilasciare mio nipote: la liberazione di un certo numero di prigionieri palestinesi; il primo ministro potrebbe risolvere la questione con una semplice telefonata, assumendosi la responsabilità politica della sua decisione, ma finora non lo ha fatto".

Portavoce del Governo sionista hanno dichiarato che i contatti con i catturatori di Shalit sono ripresi tramite una mediazione tedesca e che la possibilità di orchestrare uno scambio di prigionieri é tuttora sul tavolo. La famiglia Shalit, tuttavia, accusa il primo ministro Nethanyau di considerare quest'eventualità un'opzione "estrema" e di tenerla in secondo piano, anche a rischio di prolungare la prigionia del militare.

Ordinario razzismo israeliano: si arresta il ragazzino investito, non l'investitore



Le truppe di occupazione del regime sionista hanno arrestato l'undicenne palestinese Imran Mansur, che era stato investito insieme a un altro ragazzo dall'estremista razzista David Perry, capo di un'organizzazione di fanatici coloni ebrei, responsabili di abusi, angherie ed espropriazioni di terra contro gli abitanti dei territori occupati.
Nel regime sionista dell'apartheid l'arresto di minorenni é all'ordine del giorno.
Le forze di occupazione sioniste hanno impedito ai genitori del ragazzino di accompagnarlo nel trasferimento verso il centro detentivo in cui é stato condotto, senza dubbio per avere più agio nel terrorizzarlo e torturarlo psicologicamente senza "fastidiosi" testimoni.

L'investitore di Imran, il razzista David Perry, era stato rilasciato poche ore dopo aver deliberatamente colpito la propria vittima con la sua vettura, senza che gli sia stata elevata la minima sanzione penale o amministrativa.

Johnatan Cook: "Israele marcia verso l'istituzionalizzazione del razzismo"


Che lo stato di Israele sia razzista è lampante ed evidente a tutti meno che ai più compromessi e insinceri apologeti del sionismo; purtuttavia fa impressione vedere quanti pochi scrupoli abbiano i dirigenti dello stato ebraico a procedere nella creazione dello stato razziale ''de iure'' oltre che ''de facto''. La recente approvazione della legge sul "giuramento di fedeltà" a Israele, imposto ai cittadini non ebrei che si trovino in necessità di venire naturalizzati é profondamente inquietante e spiana la strada alla versione sionista delle famigerate "Leggi di Norimberga", con la stella di Davide al posto della svastica nazista.
Il giornalista britannico Jonathan Cook, residente a Nazareth in quanto sposato con una cittadina Palestinese di israele, ha ben evidenziato questa prospettiva in un suo recente articolo pubblicato sulla newsletter Counterpunch.

Cook ha annunciato pubblicamente che qualunque dichiarazione sarà costretto a rendere di fronte a pubblici ufficiali israeliani in osservanza di una legge che tradisce lo spirito e la lettera dello stesso concetto di democrazia sarà unicamente "pro forma" e non corrisponderà ad alcuna sua 'accettazione' dello stato israeliano come entità etnocratica in cui ai cittadini ebrei vengano riconosciuti più diritti che non agli arabi o agli appartenenti ad altre etnie.

Nel suo articolo Cook fa notare come tale legge, nella sua forma attuale applicabile solo ai cittadini non-arabi sposati con cittadini Palestinesi di israele (visto che agli arabi sposati con Palestinesi, secondo un'altra legge razzista, non viene concesso nemmeno di poter andare a vivere con il/la consorte), costituisca un vero e proprio "piano inclinato" che porterà Israele alla totale trasformazione in una "etnocrazia" paragonabile al Sudafrica dell'Apartheid.

Il professor Oren Yiftachel dell'Università Ben Gurion del Negev, citato da Cook nel suo articolo, dimostra come gli aspetti antidemocratici e segregatori dell'architettura istituzionale israeliana stiano pian piano prendendo il sopravvento ed eclissando quelli democratici; nello stesso momento in cui i corifei del sionismo, organizzati e rifocillati dalle potenti lobby ebraiche europee e nordamericane, intonano peana allo stato sionista definendolo "l'unica democrazia mediorientale".

domenica 17 ottobre 2010

Bouthaina Shaaban sugli abusi dell'esercito israeliano

L'ex-ministro siriano per gli espatriati Bouthaina Shaaban, in una recente dichiarazione, ha denunciato i mass-media occidentali per la maniera in cui sottacciono o sminuiscono i crimini e gli abusi a cui il popolo palestinese é sottoposto con crudele costanza da parte dell'esercito dello stato sionista e dei coloni israeliani.
L'occasione per questo "j'accuse" é stato offerto dagli abusi e maltrattamenti inflitti a Ihsan Dababseh e dalla diffusione delle drammatiche immagini in cui si vede un colono ebreo investire con la propria vettura due ragazzi palestinesi.


Nel suo comunicato la Signora Shaaban ha citato le parole del sopravvissuto all'Olocausto nazista che ha partecipato a diversi tentativi di infrangere il blocco della Striscia di Gaza, secondo cui il popolo Palestinese é sottoposto dal regime sionista ad angherie tali e quali quelle che dovette subire lui al tempo della Shoah; nonché l'articolo della giornalista israeliana Amira Hass ove si sostiene che ormai ai coscritti dell'esercito israeliano si lascia "mano libera" per inventare sempre nuove forme di persecuzione e umiliazione dei Palestinesi, specialmente nei confronti dei prigionieri inermi.
Bouthaina Shaaban premiata nel 2008 per il suo ruolo nel documentario biografico "Woman", di Ziad Hamzehn.
La signora Shaaban ha auspicato una massiccia mobilitazione mediatica a livello internazionale per rovesciare questo stato di cose e gli abusi e i crimini che esso permette, ricordando come nessuno Stato e nessuna organizzazione che non prenda una posizione netta su tale questione potrà mai vantare alcuna "superiorità morale" dalla quale pretendere di poter catechizzare chicchessia su questioni come etica, democrazia e diritti umani.

Il ministro degli esteri finlandese visita Gaza

Il ministro degli Esteri finlandese, Alexander Stubb, è riuscito finalmente a visitare Gaza dopo aver atteso giorni al checkpoint di Eretz, presso Beit Hanoun, in attesa di un visto di entrata che le autorità dello stato sionista hanno procrastinato il più possibile, nel tentativo di impedire la visita del dignitario scandinavo.

Uno dei maggiori timori di israele era quello di permettere un "eccessivo" riconoscimento internazionale al governo di Gaza, legittimamente uscito dalle elezioni del 2006.

Lo scopo della visita di Stubb era quello di verificare in prima persona lo stato di emergenza umanitario nella Striscia. In una conferenza stampa congiunta col direttore dell'UNWRA (Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e le Opere Umanitarie), Johnatan Ging, egli ha espresso il suo sconcerto e la sua viva preoccupazione nel constatare come le ferite aperte dal brutale ''pogrom'' militare israeliano di venti mesi fa siano ancora aperte e sanguinanti, a causa dell'assedio economico portato avanti dallo stato sionista come "punizione collettiva" contro gli abitanti di Gaza.

Stubb ha menzionato tuttavia la speranza e la determinazione che ha percepito negli animi dei residenti, dai dirigenti di Hamas ai comuni cittadini, sottolineando la necessità dell'abolizione dell'assedio e di una reale opportunità di accordo equo e permanente, che metta fine al conflitto israelo-palestinese.

Stubb ha poi visitato la fascia nord dell Striscia, dove oltre ventimila unità abitative sono state distrutte dalle truppe sioniste, incontrando poi uomini d'affari locali e rappresentanti di organizzazioni per i diritti umani e agenzie internazionali operanti a Gaza.

La visità di Stubb si é concretata come efficace risposta alla spacconata del ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman, rappresentante dell'ultradestra più razzista, che aveva "sfidato" i ministri degli esteri europei a recarsi a Gaza.