sabato 1 gennaio 2011

La carovana di solidarietà asiatica per Gaza arriverà in Egitto con 300 tonnellate di beni!


Il Governo egiziano ha finalmente concesso il permesso alla Carovana di solidarietà asiatica per Gaza (detta anche "Asia to Gaza" o "Asia1") di attraversare il suo territorio ed entrare a Gaza tramite il varco di confine di Al-Arish; così ha comunicato Khaled Abdel Mejid, membro del Congresso nazionale palestinese. Secondo Mejid il nullaosta sarebber stato veicolato al Governo siriano tramite l'ambasciata egiziana a Damasco; la Carovana solidale si trova attualmente nel porto di Latakia, in Siria, in attesa di imbarcarsi per raggiungere l'Egitto e quindi Gaza.

Il Governo egiziano, tuttavia, non ha rinunciato a esercitare un arbitrio vessatorio nei confronti dei volontari e degli attivisti che da tutto il continente asiatico si sono mobilitati per alleviare le sofferenze della popolazione civile di Gaza, strangolata da quattro anni consecutivi di assedio sionista: infatti gli ufficiali egiziani hanno intimato al personale della Carovana di non fare imbarcare gli attivisti iraniani e giordani, nonché di lasciare a terra i generatori solari offerti dalla Repubblica iraniana.

In questo modo l'Egitto vuole mostrarsi fedele servitore indigeno del 'bwana' israeliano, che ha in timor panico l'idea che i legami di solidarietà e fratellanza fra il legittimo Governo palestinese espresso da Hamas e la Repubblica iraniana abbiano a rinsaldarsi e approfondirsi ulteriormente. I generatori solari iraniani, frutto dell'avanzata ricerca tecnologica di Teheran, potrebbero costituire un primo passo per rendere la Striscia di Gaza indipendente dal punto di vista energetico. Israele invece preferisce continuare a tenere le famiglie palestinesi al buio, o esposte al pericolo e all'inquinamento prodotto dai generatori a combustibile.

La Carovana di solidarietà asiatica per Gaza consegnerà comunque trecento tonnellate di materiali, fra cui viveri, farmaci di prima necessità e anche giocattoli e materiali scolastici per i bambini e i ragazzi della Striscia, la cui infanzia é resa difficile e dolorosa dalla durezza dell'assedio sionista, che ha trasformato la loro patria in un immenso ghetto.

Il "piffero" Dahlan va in Egitto per suonare...e finisce...suonato!!


Una grave debacle quella che ha colpito Mohammed Dahlan, l'ex capo supremo delle forze di sicurezza dell'Anp che perse titoli, prebende e la maggior parte dei suoi seguaci quando venne poco cerimoniosamente sfrattato a colpi di Kalashnikov dal suo "feudo" nella Striscia di Gaza in seguito al fallimento del Colpo di Stato tentato da Fatah contro Hamas e il legittimo Governo espresso dal movimento musulmano in seguito alla sua schiacciante vittoria elettorale.

Privo di una posizione di potere da poter sfruttare per il proprio tornaconto personale (ricordiamo che Dahlan faceva trasferire sul proprio conto corrente privato il quaranta per cento delle tariffe doganali riscosse al varco di confine di Karni), Dahlan si ritirò per un periodo a 'vita privata', dedicandosi alla sua impresa di costruzioni edili (in cui aveva riciclato gli illeciti proventi di Karni) e collaborando col Mossad, mandando due suoi dipendenti ed ex-ufficiali della sicurezza dell'Anp a Dubai a "preparare il terreno" per il commando omicida del Mossad che assassinò Mahmoud al-Mabouh.

Ultimamente Dahlan é stato preso da un frenetico attivismo, cercando di rilanciare le sue azioni come possibile successore di Mahmud Abbas, l'ex Presidente dell'Anp il cui mandato é scaduto esattamente da due anni, proponendosi come latore di credenziali filo-israeliane e filo-americane ancora più solide di Abbas/Abu Mazen e millantando addirittura di avere un "piano sicuro per distruggere Hamas" e mettere quindi fine con la violenza alla scissione del fronte interno Palestinese; chissà se il suo piano per "eliminare" Hamas prevede anche l'eliminazione della maggioranza assoluta dei Palestinesi che hanno fiducia in Hamas per la sua coerenza politica e la sua buona amministrazione di Gaza, mentre ne hanno punto in Fatah per la sua corruzione e la sua mancanza di spina dorsale.

Dahlan aveva programmato un conferenza stampa al Cairo per la giornata del 29 dicembre, ma é stato costretto a cancellarla in fretta e furia quando é risultato evidente che l'evento si sarebbe trasformato in un clamoroso "flop", stante il rifiuto delle maggiori testate della stampa e della televisione egiziana di inviare la benché minima rappresentanza. Fatti i bagagli all'ex boss della sicurezza diventato palazzinaro non é restato che tornare a Ramallah con le pive nel sacco.

Ibrahim el-Darrawy ha così commentato l'evento: "I giorni del Dahlanistan, in cui mr. Dahlan poteva raccogliere attorno a sé la crema della stampa egiziana e mediorientale con il semplice schiocco delle dita sono definitivamente tramontati, il Governo del Cairo preferisce di gran lunga Abbas a Dahlan e il panorama dei media si adegua".

Intervista esclusiva con Ousama Hamdan, dirigente di Hamas (2)



Paraipan: Come vi relazionate con altri gruppi e/o fazioni islamiche a Gaza, magari affiliate ad Al-Qaeda?

Hamadan
: C'é differenza fra le due cose: una cosa é la Resistenza all'occupazione, che crediamo sia diritto di tutti i Pelestinesi, da intraprendere nei modi e nelle maniere più appropriate, ma sempre rispettando le leggi e le direttive esistenti. Mettere delle bombe a un banchetto nuziale, invece, é semplicemente trasgredire alla legge e non é permesso o accettato, quando si sono presentati casi simili i responsabili sono stati identificati, arrestati, ed é stato dato corso alla legge.

Abbiamo discusso coi responsabili, coi loro capi, abbiamo fatto pressioni su di loro, spiegando che il loro approccio era tutto meno che costruttivo. Abbiamo usato tutti gli strumenti disponibili per spiegar loro, in maniera pacifica, che stavano soltanto danneggiando la loro e la nostra comunità, alcuni ci hanno ascoltato, altri no, é chiaro che contro costoro procederemo a norma di legge.

Un altro priccolo gruppo aveva connessioni con un ufficiale della sicurezza in Cisgiordania, che teneva i contatti con uno 'sceicco' salafita in Giordania, che sosteneva messaggi e azioni di tipo radicale. Il Ministero degli Interni a Gaza intercettò le 'fatwa' di questo 'sceicco', intercettò le conversazioni telefoniche e venne in possesso anche delle videocassette che avevano preparato per le loro 'operazioni', tutte queste prove vennero inviate al Dipartimento di Giustizia.

Quando costoro dettero segno di voler resistere all'arresto intervenne la polizia, questo accadde nel 2009, dopo la fine dell'attacco sionista. Il gruppo, figuratevi, aveva intenzione di assassinare il Primo Ministro Haniyeh, erano collegati a questo ufficiale di Ramallah che rispondeva a Tawfiq Tiraqi, a sentir loro, facevano parte di 'Al Qaeda', ma noi abbiamo seguito la catena di comando, e portava a Ramallah.

Paraipan: C'é nessun fondamento alla voce che Muhammad Dayf guidasse o fosse comunque collegato a questa fazione?

Hamdan: Assolutamente no, Dayf é il capo delle Brigate Al-Qassam, é una voce senza fondamento che viene anch'essa da Ramallah ed é stata accettata dagli Americani e da qualche servizio di paesi europei per convincersi che facevano bene ad agire contro Hama. Fa parte delle menzogne diffuse da Abu Mazen e dai suoi sodali per screditare Hamas.

Paraipan: Esiste un comando centrale delle fazioni radicali? Sono un problema o soltanto un fastidio?

Hamdan: Non esiste alcun 'comando centrale', i radicali di cui parla sono individui isolati, al massimo piccoli gruppi con qualche contatto esterno a Gaza, ma preferiamo parlare di elementi piuttosto che di 'fazioni'. In ogni comunità esistono persone che a parole sono estremamente radicali, ma che al dunque non sono in grado di intraprendere alcuna attività.

Con loro preferiamo intraprendere una strategia preventiva: identificarli e far capir loro che certe azioni si risolverebbero solo in un danno verso la comunità, quindi anche verso loro stessi.


Paraipan: Hamas nacque come 'costola' dei Fratelli Musulmani, siete ancora legati a loro?

Hamdan: Quel che dice é vero, riferito alle nostre origini, ma ora le cose sono molto diverse. Hamas é un'organizzazione palestinese che rappresenta la nostra Causa e i nostri interessi nazionali, non esistono legami 'organici' con la Fratellanza, solo contatti, come possiamo averne con altri partiti o fazioni politiche.

La rete della Fratellanza é molto più ampia della nostra, comunque.


Paraipan: Qual'é stato l'impatto dell'operazione Piombo Fuso sulla strategia o sulla tattica del vostro movimento?

Hamdan: Devo dirle una cosa: quando si affronta una forza così sproporzionata alla propria, bisogna trarne tutti gli insegnamenti possibili, adattarsi alla situazione, fare tutti i cambiamenti necessari, io credo che ciò sia stato fatto.

Ma non ho dettagli, l'operazione di analisi e apprendimento é stata portata avanti dall'ala militante del movimento, e ha beneficiato soprattutto i militanti.

Per Hamas, questo aspetto é fondamentale, non si ignorano simili esperienze...dire: "E' passato, mettiamocelo alle spalle", é la strada per la rovina, i nostri militanti hanno analizzato l'accaduto e ne hanno tratto gli insegnamenti che era possibile ottenerne, devono proteggersi, e la conoscenza fornisce questa protezione.


Paraipan: Può dirmi qualcosa di Gilad Shalit? Come vanno i negoziati?

Hamdan: Avevamo fatto un'offerta pressoché definitiva, e gli israeliani stavano per accettarla, dopo averla ascoltata per tramite dei tedeschi, era una buona offerta, certo, c'era ancora del lavoro da fare per limarla, renderla definitiva, operativa. I tedeschi spingevano in quel senso, ma a un certo punto gli israeliani non si mostrarono più interessati e cercarono di cambiare le carte in tavola, il che portò al collasso dell'intera trattativa. I tedeschi ci rimasero molto male, ma non potevano cambiare le intenzioni israliani. Le cito le stesse parole del padre di Shalit: "Netanyahu é un bugiardo", é stato lui a far collassare la trattativa.

Esisteva un conflitto, un disaccordo da parte israeliana, fra il Primo Ministro, il Ministro degli Esteri, quello della Difesa e i capi dello spionaggio civile e militare. I militari e lo spionaggio civile avevano idee, atteggiamenti diversi; anziché imporsi su di loro, come dovrebbe saper fare un Primo Ministro, un capo, Netanyahu se ne lavò le mani, come Pilato, mandando tutto a monte, Netanyahu non é un capo, non é un leader, e ora sappiamo quanto sia irresoluto.

Netanyahu, inoltre, é condizionato dai 'consiglieri' americani, che gli dicono che questo accordo sarebbe controproducente, perché indebolirebbe Abu Mazen e rafforzerebbe Hamas, non so se la causa della sua indecisione sia questa, ma é probabile, vista la sua inazione.

I tedeschi sono molto più pragmatici, guardano ai risultati e si concentrano su come raggiungerli, ci chiesero se fossimo pronti a negoziare e noi dicemmo 'sì' fin dall'inizio.


Paraipan: Come definirebbe le relazioni fra Hamas e la Jihan Islamica?

Hamdan: E' basata sugli stessi principi che guidano le nostre relazioni con le altre fazioni, partiti e gruppi palestinesi.

Con la Jihad Islamica abbiamo dei punti di contatto ideologici, ma i motivi che ci muovono non sono identici...loro hanno un approccio molto più militante e questo si riflette sul loro stile, sul loro atteggiamento; penso stiano cambiando per, anche loro iniziano a crearsi un 'corpus' politico e sociale.

Quando bisogna lottare giorno per giorno, e non si ha un orizzonte a lungo termine, la militanza va benissimo, ma nella situazione attuale, servono sforzi ulteriori, anche al di là della militanza, serve un calendario a lungo termine, sempre per lo stesso fine, beninteso, sempre per la liberazione definitiva della Palestina.

A volte sorgono problemi, sul campo, problemi di coordinazione, di sincronizzazione...incidenti...magari fra i giovani...ma si lavora per limarli, per appianarli, esiste un canale di collegamento e comunicazione sempre aperto tra noi e loro.



Paraipan: La Jihad Islamica é più vicina all'Iran di quanto non lo sia Hamas?

Hamdan: Alcuno lo dicono, avranno le loro ragioni, non lo so, certamente hanno contatti con l'Iran da prima che li avesse Hamas, circa dal 1988, noi li iniziammo solo nel 1992, non posso parlare dei loro legami con Teheran perché non so quanto siano diffusi o radicati.

Tuttavia spero che legami simili possano aprirsi anche con altri paesi arabi, me lo auguro, sia per Hamas che per la Jihad.


Paraipan: Crede che Hamas potrebbe far da mediatore fra l'Iran e gli Stati arabi? Qualcuno vi ha mai prospettato la possibilità di agire in questo ruolo?

Hamdan: No, e non penso che sia auspicabile o anche necessario, pensi che certi paesi che 'accusano' Hamas per i suoi legami con Teheran, ne hanno di molto più antichi e profondi, che bisogno avrebbero di noi come mediatori?


Paraipan: E con la Siria? Che genere di relazione avete?

Hamdan: E' nostro interesse mantenere le migliori relazioni possibili con ogni realtà regionale, fa parte della nostra missione politica.

Come popolo occupato dobbiamo giocoforza cercare il sostegno di chiunque sia disposto ad accordarcelo, lavoriamo duro per avere legami con i paesi arabi più importanti, alcune nazioni sono più disposte ad aprirci la porta, altre prediligono contatti dietro le quinte, loro non parlano apertamente di noi, noi non parliamo apertamente di loro, rispettiamo il loro desiderio. Altri ancora aprono relazioni con noi pubblicamente, ma ciò che ci diciamo rimane privato.

Coi siriani abbiamo buone relazioni, hanno sempre sostenuto i Palestinesi e la loro causa, di cui Hamas é parte.

A un leader arabo, molto 'sospettoso' dei legami di Hamas con Teheran e Damasco una volta dissi: 'mettici alla prova, invitaci ufficialmente e vedrai che cosa chiediamo, lasciaci aprire uffici nella tua capitale', la sua risposta fu che preferiva se i nostri uffici fossero rimasti a Damasco.


Paraipan: Forse non vi considerava ospiti graditi? Mi scusi per la franchezza.

Hamdan: Penso che sapesse benissimo che i legami con Hamas sono in un certo senso impegnativi. I siriani a loro volta lo sanno, ma sono disposti a fare il sacrificio, e a volte anche qualcosa di più.

E già che ci siamo, parliamo un po' di Abu Mazen...forse lui non é condizionato dai suoi legami con gli americani, con gli israeliani? Quanto si é mostrato interessato alla riappacificazione? Damasco é stata incoraggiante in tal senso, ha ospitato incontri fra Hamas e Fatah, in maniera molto aperta e neutra, senza cercare di influenzarci in alcun modo.

giovedì 30 dicembre 2010

Persino Jeffrey Goldberg dubita della democrazia israeliana!!


Traduciamo ora per il pubblico Italiano un articolo stilato dal reporter e commentatore Ebreo-americano Jeffrey Goldberg; Goldberg, autore del libro "Prisoners: a Story of Friendship and Terror" ha un'esperienza pluridecennale di questioni medio-orientali e africane e collabora regolarmente con The Atlantic, le sue riflessioni sono significative perché mostrano come anche l'intellighenzia ebraica progressista e in passato decisamente filosionista stia rapidamente ripensando le sue posizioni, allarmata e disgustata dalla sempre più marcata natura militarista e razzista del regime di Tel Aviv.

Esiste la concreta possibilità che un giorno gli israeliani possano decidere di fare a meno della democrazia per mantenere il potere nelle mani dell'etnia ebraica? Alcune persone, ovviamente, obietteranno che Israele già nei fatti ha cessato di essere una democrazia nel momento in cui ha deciso di rendere permanente l'occupazione di ampie zone della Cisgiordania. Io voglio sperare che sia prematuro parlare di una possibile o effettiva "morte della democrazia" in Israele legata allo status della West Bank, ma mentirei a me stesso se negassi che in momenti di dubbio o sconforto il pensiero abbia attraversato la mia testa: che gli israeliani possano prendere la conscia, ferma decisione di preservare il carattere etnico/razziale del loro Stato a scapito di quello parlamentare, rappresentativo, democratico.

Come ho scritto recentemente c'é molto poco che il Governo di destra attualmente in carica abbia detto (per non dire fatto) per suggerire l'idea di poter un giorno liberarsi dalla 'droga pesante' degli insediamenti, in cui ultimamente sta indulgendo con tutta l'estasi di un tossicodipendente in periodo di vacche grasse; quello che é più inquietante é che proprio questa espansione territoriale in Cisgiordania porterà prima o poi al "redde rationem"...quando Stato di Israele e West Bank non saranno più distinguibili cosa faranno i politici? Daranno la cittadinanza ai Palestinesi o gliela rifiuteranno?

La prima opzione renderebbe gli israeliani ebrei più o meno la metà di una popolazione mista di ebrei e arabi, negando il carattere 'razzialmente ebraico' di Israele, la seconda automaticamente escluderebbe Israele dal novero delle nazioni democratiche.

La mia segreta speranza é sempre stata quella che gli israeliani, realizzando finalmente la pognanza di tale scelta (alcuni pare addirittura che lo abbiano già fatto), sceglieranno per il meglio. estricandosi in qualche modo dalla ragnatela degli insediamenti che rischierebbero di soffocare la loro democrazia, ma un paio di recenti conversazioni avute con abitanti di Gerusalemme mi hanno via via convinto che per un gran numero di cittadini ebrei di Israele la democrazia sia sempre meno importante; costoro si radunano grosso modo nei seguenti gruppi: gli haredim ultra-ortodossi il cui peso numerico aumenta sempre più col passare degli anni, i sefarditi provenienti dagli stati Arabi e Mediorientali, un gruppo sociale piuttosto compatto e proletario i cui interessi alla Knesset sono rappresentati dagli odiosi rabbini oscurantisti dello Shas, i coloni ultranazionalisti e fondamentalisti, che sembrano disposti ad appoggiarsi a qualunque politico permetta loro di occupare più terra e ampliare le loro colonie e infine gli immigrati russi fra cui é molto diffuso il sostegno ad Avi Lieberman, l'attuale Ministro degli Esteri.

Diciamo che, in via ipotetica, un giorno del prossimo futuro il Primo Ministro Lieberman (non ridete! non deve fare ridere!) propone una legge che, coerentemente con le iniziative di certi religiosi, proibisce de facto agli Ebrei di vendere o locare immobili agli arabi, oppure che annetta permanentemente a Israele la maggior parte della West Bank per garantire la 'sicurezza' ai coloni...automaticamente questo includerebbe in Israele milioni di Palestinesi, ma Lieberman dichiara che essi non sono "veri" cittadini di Israele e che se vogliono votare devono andare a farlo in Giordania o in qualche altro Stato. Cosa succederebbe a quel punto? La Corte Suprema interverrebbe? Dichiarerebbe l'incostituzionalità di tale provvedimento? Io lo spero ma non posso esserne sicuro, per quanti israeliani conosco che apprezzino e rispettino la democrazia non sono certo che possano avere la forza o la determinazione di lottare per essa e di certo dubito che molti Ebrei all'estero abbiano già simbolicamente 'fatto una croce' su Israele, disgustati dal suo militarismo e dai suoi atteggiamenti discriminatori.
Propaganda bellica e articoli sull'antisemitismo affidati al noto neocon Hitchens...questa copertina dà ben l'idea di quanto filosionista sia la testata su cui scrive Goldberg...se persino lui dubita della democrazia israeliana...

Sono apocalittico? Forse, anzi, certamente. Sto esagerando il problema? Un poco, ma non tanto quanto mi sentirei tranquillo nel sapermi esagerato, anzi, forse non lo sto esagerando affatto. Sta il fatto che Israele potrà avere una stampa libera e una magistratura indipendente ma dall'altro lato é sempre meno simile al Paese che conoscevo e amavo venticinque anni fa, la crescita di potere e influenza dei quattro gruppi che ho evidenziato lo ha cambiato in maniera radicale e niente affatto per il meglio; mi riservo di mostrarvi come e quanto in articoli futuri.

Copyright: Jeffrey Goldberg 2010.

Traduzione: Redazione di Palaestina Felix.

Anche l'Inghilterra sul punto di elevare ad ambasciata la missione diplomatica palestinese?


Il Ministro degli Esteri britannico Bill Hague sarebbe pronto a elevare lo status dell'Ufficio rappresentativo palestinese a quello di ambasciata tout-court, a seguito dell'impasse ormai irreversibile in cui é evidentemente caduto ogni tentativo di accordo negoziale con Israele per la creazione di uno Stato autonomo in Palestina.

La mossa pianificata negli uffici di Whitehall seguirebbe non già i riconoscimenti incamerati dall'Autorità palestinese in Sudamerica, ma piuttosto il "piccolo riconoscimento" accordato alla Palestina da diversi paesi europei (ultimamente dal Portogallo); in seguito ad essa i titolari dell'ufficio rappresentativo diventerebbero diplomatici a tutti gli effetti, sarebbero coperti dalle garanzie e dalle convenzioni applicate ai loro colleghi, la Gran Bretagna, tuttavia, non riconoscerebbe l'esistenza di uno Stato palestinese sui confini antecedenti all'aggressione israeliana del 1967, come invece hanno fatto Brasile, Argentina, Uruguay ed Ecuador.
Mappa aggiornata dei vari gradi di riconoscimento della Palestina nel mondo, entro la primavera 2011 anche il Paraguay cesserà di essere marrone.

Anche se meno coraggioso del passo intrapreso dai paesi latinoamericani anche questa decisione britannica potrebbe aiutare non poco la causa palestinese, soprattutto diffondendo nel campo sionista la certezza che, continuando con la strategia di aperto disprezzo delle trattative e continua minaccia militare ed appropriazione di terra nei confronti di Gaza da un lato e della Cisgiordania dall'altro Israele stia percorrendo a grandi passi il sentiero verso la quarantena diplomatica e il totale isolamento internazionale, che potrebbe preludere alla condanna dell'ONU e all'applicazione di sanzioni nei suoi confronti.

Proprio in questi giorni politici israeliani si sono affannati a cercare di saldare una vecchia frattura diplomatica con Londra, risalente all'omicidio a Dubai di Mahmoud al-Mabouh, il leader di Hamas trucidato da uno squadrone della morte del Mossad, che per entrare indisturbato negli Emirati Arabi si era servito di documenti britannici contraffatti, basati su passapaorti di cittadini ebrei con doppia nazionalità.

Ma, come si dice in Inghilterra, le scuse così frettolosamente presentate potrebbero essere "too little, too late".

L'Egitto ci riprova! La carovana solidale "Asia to Gaza" bloccata a un passo dalla meta!


Nel secondo anniversario del sanguinoso "pogrom" militare sionista contro la popolazione indifesa della Striscia di Gaza la "Carovana di solidarietà" partita con oltre cinquecento volontari da Nuova Delhi il 2 dicembre scorso avrebbe dovuto varcare i posti di blocco di Rafah per portare agli abitanti della Striscia il conforto dei generi di prima necessità (trasportati per migliaia di chilometri attraverso Pachistan, Iran, Turchia, Siria e Libano) e il calore della solidarietà di tutti i popoli d'Asia: dalla Cina all'Indonesia, dalla Malesia al Giappone.

Eppure l'Egitto ha fermato il convoglio ancora prima che potesse raggiungere la sua destinazione finale, citando non meglio precisate "irregolarità" nei documenti presentati dai responsabili dell'iniziativa come motivo per la decisione. In realtà l'arresto potrebbe essere un modo degli egiziani di non mostrarsi "troppo ansiosi" di partecipare all'indebolimento del ferreo assedio sionista contro Gaza, o anche solo di estorcere una tangente per consentire l'attraversamento di Rafah.
Nella satrapia retta nominalmente da Hosni Mubarak per conto degli interessi imperialisti e colonialisti israelo-americani non ci sarebbe da stupirsi di nulla; l'Egitto si qualifica ormai da decenni in testa alla classifica dei paesi più corrotti del mondo.

Giovani di sinistra manifestano a Istanbul la loro solidarietà con la Palestina. Interviene Carlos Latuff!


Diverse centinaia di rappresentanti di movimenti turchi progressisti, di sinistra e del mondo del lavoro si sono dati appuntamento presso il celebre "Tünel" di Istanbul su invito e iniziativa del Comitato per il Boicottaggio contro Israele, dando vita a una marcia che si é conclusa in Piazza Taksim, scandita da slogan filopalestinesi e di condanna degli eccessi sionisti contro Gaza, passati ma anche presenti.

"L'imperialismo sarà sconfitto, gli oppressi trionferanno", "Israele assassino, sparisci dal Medio Oriente", "Lunga vita alla fratellanza internazionalista", "Libertà alla Palestina, boicottiamo il sionismo", "Denizbank, collabori con gli assassini", erano alcune delle parole d'ordine del movimento, cantate in coro o vergate su striscioni, bandiere e cartelli. Dexia/Denizbank é un gruppo finanziario/bancario locale che fornisce servizi ad aziende coinvolte in progetti negli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania, un bersaglio naturale per chiunque voglia colpire economicamente la politica di annessione territoriale di Israele.

In Piazza Taksim uno speaker d'eccezione si é rivolto alla folla: il cartoonist satirico brasiliano Carlos Latuff, la cui graffiantissima matita ha prodotto centinaia di famosissime vignette dedicate alla lotta degli emarginati e degli sfruttati in ogni angolo del mondo e di cui alcune delle più famose sono proprio dedicate alla Palestina e alle sue tribolazioni.

Latuff ha ringraziato i presenti per il loro impegno e la loro militanza e ha sottolineato come i turchi abbiano due motivi di aderire in massa alla campagna BDS: la solidarietà con la Palestina e il desiderio di onorare la memoria dei nove attivisti morti a bordo della Mavi Marmara, la nave ammiraglia della Freedom Flotilla che venne abbordata in acque internazionali dai commando israeliani, che compirono una strage contro l'equipaggio disarmato.

Alla manifestazione di Istambul hanno preso parte l'associazione pacifista Barış Derneği, la Federazione per i Diritti democratici DHF, il Movimento per il Partito dei lavoratori EHP, il Fronte del Lavoro e della Libertà "Emek ve Özgürlük Cephesi", la Piattaforma socialista degli oppressi ESP, l'Associazione di Solidarietà col Popolo palestinese FHDD, la Camera dei Medici di Istanbul, i Collettivi studenteschi, l'associazione Partizan, il PDD, "Futuro Socialista", il Partito Socialista Turco, il Partito Comunista TKP e il Comitato per il Boicottaggio a Israele BDSP.

Intervista esclusiva con Ousama Hamdan, dirigente di Hamas (1)


Traduciamo in esclusiva assoluta per il pubblico italiano l'intervista ottenuta dall'analista politica romena Manuela Paraipan col maggiore esponente di Hamas in Libano, Ousama Hamdan.
Questo eccezionale documento testimonia chiaramente dell'abissale differenza fra la vera organizzazione di Hamas, movimento musulmano di Resistenza che lotta per l'affermazione dei diritti palestinesi e i "babau" che vengono quotidianamente dipinti a uso e consumo dell'ingenuo e disinformato pubblico occidentale dalla canea dei "giornalisti" asserviti al Potere, servi soddisfatti di Israele e delle sue mire colonialiste, imperialiste e razziste.
tipici rappresentanti del giornalistame italico, saldamente asservito agli interessi sionisti.

Manuela Paraipan: Mi spieghi sinteticamente come opera Hamas, che rapporto c'é fra vertici e militanza? Esiste una rigida gerarchia o ci sono spazi di discussione fra i capi e la base?

Ousama Hamdan: In Hamas nessuno nega che siamo un movimento di Resistenza, e tutti i membri sanno cosa ciò voglia dire e quali principi debbano ispirare le nostre azioni; le azioni in sé stesse vengono quasi da sole, perché le scelte sono fatte di volta in volta dal corpo di militanti coinvolti nell'azione stessa; l'ispirazione generale, la strategia é chiara, la tattica é responsabilità della cellula: in questo modo Hamas riesce ad essere molto efficace senza una pesante struttura di comando che può diventare ampollosa, corrotta, ed é soggetta alle offese del nemico.

Nella situazione, se mi concede il termine, "normale", la Resistenza viene portata avanti con ogni mezzo, non solo con le azioni militari e, ultimamente, nemmeno principalmente attraverso esse.

Ora siamo in stato di cessate il fuoco, lo rispettiamo, lo facciamo rispettare: la decisione é stata presa dal vertice politico e il corpo dei militanti l'ha accettata, senza discussioni, senza negoziati, accettata e basta, ma una volta che il cessate il fuoco viene revocato, o interrotto, le operazioni militari potranno riprendere a brevissimo giro.

Anche adesso, che siamo attaccati dagli israeliani, il nostro cessate il fuoco regge, perché capiamo che gli attacchi sionisti sono provocatorii.

Paraipan: Lei ha menzionato la "Resistenza"; che significato date alla parola?

Hamdan: Il più ampio e vasto possibile, applicabile a gruppi, comunità e individui, a seconda delle loro finalità, capacità e inclinazioni; Resistenza culturale, politica, civile, anche armata. L'Occupazione é il nostro bersaglio principale, e non tanto dal punto di vista delle truppe o delle strutture, ma del principio e delle idee...dobbiamo sconfiggere la stessa idea di Occupazione per essere certi che la nostra vittoria sia definitiva, altrimenti anche se tutti i soldati israeliani e i loro muri e i loro posti di blocco sparissero, resteremmo comunque vulnerabili.

Accettando o lasciando sopravvivere l'idea di Occupazione la Nazione palestinese potrebbe morire anche se i palestinesi vivessero...guardate cosa succede in Cisgiordania! Fatah ha accettato l'idea di Occupazione e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Paraipan: Quale é la politica di Hamas, riguardo ai civili? I vostri militanti li considerano bersagli accettabili?

Hamdan: Nel 2005 sfidai gli israeliani a portarmi una lista delle persone che ritenevano uccise dalle operazioni di Hamas, suddivisa in militari e civili. Dissi loro, all'epoca, che avrebbero scoperto, complilandola che oltre i tre quarti dei morti causati da operazioni di Hamas erano militari, o comunque persone coinvolte nell'Occupazione.

Non ricevetti risposta, quindi é chiaro che la mia previsione era esatta o peccava per difetto, quindi lasciarono cadere l'idea della lista, perché avrebbe indebolito le loro pretese di chiamare la nostra Resistenza 'terrorismo'.

Scuole, cinema, ospedali, parchi, sono obiettivi interdetti per noi, e mi creda, avremmo potuto colpirne così tanti se solo avessimo voluto.

Resterebbe la questione dei settler: sono civili? La Convenzione di Ginevra dice di no, nemmeno i sionisti li considerano tali, e non sollevano mai la questione, perché sanno che qualunque analisi di una parte terza non potrebbe che adeguarsi con la Convenzione di Ginevra: i settler non sono civili.

Nel 2003 eravamo al Cairo; gli egiziani ci chiesero se Hamas fosse disposto a fermare le operazioni di martirio, noi replicammo di sì, a patto di convenire a un accordo con Israele per smettere di colpire civili, per noi sarebbe stato facilissimo rispettarlo, volevamo vedere se era possibile far prendere simile impegno anche a loro.

Sharon mandò Ephraim Halevi, che era il capo dell'epoca del Mossad. Gli egiziani, in quanto mediatori, gli esposero la questione, si andò avanti per un po', stabilendo e definendo la definizione di "civile" nella cornice dell'accordo, stabilendo di attenerci alle linee guida della Convenzione di Ginevra. Halevi rientrò in Israele e poco dopo ci venne detto che Sharon aveva mandato tutto a monte "perché non voleva avere le mani legate", vede? Per un sionista rispettare i civili è "avere le mani legate".

Vi furono due occasioni durante il pogrom contro Gaza in cui i nostri militanti catturarono soldati sionisti: la situazione dei civili era disperata, la priorità era far cessare subito il massacro, quindi cercammo, a ostilità ancora in corso, di intavolare una trattativa: "smettete di uccidere civili e avrete indietro la vostra gente" e sa cosa successe? Gli ufficiali diressero cannonate e bombardamenti nel luogo dove avevamo annunciato loro che erano tenuti i prigionieri, glielo avevamo detto per evitare che li colpissero per sbaglio, per noi erano preziosi, erano il mezzo per salvare i nostri civili, e loro li uccisero (insieme ai militanti che montavano la guardia su di loro), per poter continuare il massacro indisturbati...questi sono i sionisti.

Paraipan: Come spiega gli attacchi di agosto e dei primi di settembre? Non hanno violato il cessate il fuoco?

Hamdan: Assolutamente no, perché Hebron é nella Cisgiordania, non nella Striscia di Gaza; il cessate il fuoco riguarda solo Gaza e la Striscia...inoltre quelle operazioni erano necessarie per dimostrare che non avremmo lasciato massacrare i nostri militanti e i nostri sostenitori nella West Bank.

Israele, aiutato da Fatah, arresta, incarcera e tortura i nostri uomini e i nostri simpatizzanti in Cisgiordania, arrivando a volte al vero e proprio omicidio, come nel caso di Iiyad Shilbaya, un membro di Hamas incarcerato dagli uomini di Abbas per oltre due anni...viene liberato e dopo quarant'otto ore é trovato morto, in casa sua.

Gli attacchi servirono a mandare un messaggio riguardo questa situazione, non erano minimamente collegati a quella farsa chiamata "progetto di pace", é un'impostura, sta morendo per conto suo, non abbiamo nemmeno bisogno di 'sabotarlo', come é possibile 'sabotare' qualcosa che non funziona?

Fatah non attacca Hamas "per difesa", ma perché segue gli ordini e le indicazioni dei sionisti.

Paraipan: Continuerete simili operazioni?

Hamdan: Le ho detto prima che ci troviamo in una situazione di Resistenza, devo quindi aspettarmi che se Fatah continuerà ad agire come strumento dell'Occupazione si trovi di nuovo sottoposto alle nostre reazioni; comunque quello che voi europei avete difficoltà a capire é che tra i Palestinesi non tutte le operazioni di Resistenza vengono intraprese da Hamas, e nemmeno da uno degli altri gruppi organizzati secondari: all'apice della Seconda Intifada circa un quarto delle operazioni di Resistenza venivano portate avanti da gruppetti occasionali o addirittura da individui.

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Haniyeh chiede alla Lega Araba di tenere sotto controllo Israele e i suoi propositi bellici su Gaza


In un messaggio indirizzato al Segretario generale della Lega Araba Amir Moussah, il primo ministro palestinese Ismail Haniyeh ha domandato che le nazioni ad essa aderenti estendano un reclamo presso il Consiglio di Sicurezza ONU per le continue incursioni militari israeliane contro il territorio della Striscia di Gaza, che si accompagnano a minacce e previsioni di altre, più gravi azioni armate contro la sua popolazione.

Nel messaggio Hanyieh chiede che vengano approntate misure di controllo e prevenzione contro quest'eventualità, che sarebbe letteralmente devastante contro una struttura civile, economica e umanitaria che, stante il perdurare dell'assedio sionista contro la Striscia, non ha mai avuto occasione di riprendersi totalmente dai danni inflitti dal "pogrom" militare del dicembre 2008/gennaio 2009.

Il Primo Ministro ha sottolineato come sia tattica usuale dello Stato ebraico attendere che l'attenzione collettiva della Comunità internazionale sia distratta da qualche evento di grande portata per mettere in atto i suoi piani di aggressione: fu così contro il Libano nel 2006 e anche contro Gaza a fine 2008. L'inchiesta sul comportamento delle truppe sioniste, portata avanti dal giurista sudafricano Richard Goldstone riportò che la condotta delle truppe israeliane a Gaza era "borderline" con il vero e proprio Crimine contro l'Umanità e ricadeva in diverse occasioni nel Crimine di Guerra.


Un esempio furono i ripetuti attacchi portati contro il personale di polizia della Striscia di Gaza: la polizia, in quanto unità non militarizzata e non in grado di intraprendere missioni militari, va considerata alla stregua di un obiettivo civile secondo la Convenzione di Ginevra; pure caserme e commissariati palestinesi vennero deliberatamente fatti segno del fuoco sionista, evidentemente per impedire che i poliziotti potessero aiutare gli abitanti.

mercoledì 29 dicembre 2010

Israele diserterà il summit Onu contro il razzismo: il regime dell'Apartheid è sempre più alle corde!


Israele ha annunciato con largo anticipo che boicotterà il summit internazionale convocato dall'ONU per celebrare il decennale della storica conferenza di Durban contro il Razzismo. Tutti gli amici della pace e i sostenitori della causa palestinese ricordano con orgoglio ed emozione quello storico consesso, durante il quale i paesi del terzo mondo, non solo quelli arabi o musulmani, ma anche quelli africani e sudamericani levarono per la prima volta la loro voce all'unisono, alta e forte per condannare l'intollerabile regime di segregazione e discriminazione che lo Stato ebraico andava rinforzando sempre più nei confronti del popolo palestinese: sia contro i palestinesi dei territori occupati che contro quelli dotati di cittadinanza israeliana.

Fu la prima volta che gli oppressi, gli sfruttati, i depredati dall'avidità imperialista e colonialista che l'avamposto israeliano in Medio Oriente tanto bene incarna e rappresenta, riuscivano a coordinare le loro azioni sconvolgendo i programmi e le intenzioni dei gerarchi sionisti, che speravano di pietire l'ennesimo "assegno in bianco" raccontando la clamorosa balla di: "Israele patria dei sopravvissuti all'Olocausto". Il successo della campagna antisionista per la denuncia dell'Apartheid israeliano fu tale che lo Stato ebraico non si presentò alla conferenza di Ginevra 2009 (che doveva proseguire il lavoro e l'impegno partito dal Sudafrica otto anni prima), muovendo i suoi burattini e agenti prossimi delle varie "lobby a sei punte" per costringere Stati Uniti e alcuni altri paesi anglosassoni a disertare a loro volta il meeting.

Ovviamente, il Ministro degli Esteri sionista, il rozzo e grottesco ultranazionalista fascista di origine russa, Avigdor Lieberman, ha provato a frustare l'ormai esangue e stremato cavallo del presunto "antisemitismo" degli attivisti anti-Apartheid...un antisemitismo molto "sui generis", visto che tra le loro fila si contano moltissimi Ebrei, come i giovani che hanno contestato il discorso razzista del Primo Ministro Netanyahu a New Orleans...come Hajo Meyer o come Hedy Epstein, addirittura scampati alle persecuzioni dei nazisti...e che proprio per questo manifestano e agiscono per evitare che il popolo di Palestina subisca le loro stesse tribolazioni.
Questi Ebrei ultraortodossi secondo Avi Lieberman sarebbero "antisemiti".
L'agenda del meeting coprirà le tematiche della discriminazione razziale ed etnica e comprenderà ovviamente una severa analisi di tutti i provvedimenti segregatori adottati da Israele negli ultimi mesi: come il "giuramento di fedeltà", richiesto agli immigranti non-Ebrei, le demolizioni di villaggi, gli espropri di case e terreni, gli attacchi vandalici contro proprietà agricole e commerciali palestinesi.

Si infittisce la trama nella debacle egiziana del Mossad! Richiamato l'ambasciatore israeliano al Cairo!!


Il quotidiano egiziano Al-Youm Al-sabe'a ha rivelato che l'ambasciatore israeliano Isaac Levanon ha lasciato la capitale del paese immediatamente dopo che l'interrogatorio dell'uomo d'affari reclutato dal Mossad per infiltrare la rete di telecomunicazioni locale ha cominciato a rivelare nella sua interezza le macchinazioni sioniste in tutta la nazione e le loro connessioni con altri paesi, prossimi e remoti.

Levanon sarebbe stato avvistato all'aeroporto del Cairo con la moglie e tre grossi colli contrassegnati come "bagaglio diplomatico". Secondo l'emittente "Canale 10" l'ambasciata dello Stato ebraico al Cairo ha dichiarato che Levanon é rientrato in Israele per un periodo di riposo. Ufficiali dei servizi egiziani, intanto, avrebbero ammesso che il commerciante tessile arrestato finora, Tareq Abdel Rezeq, non sarebbe l'unico egiziano coinvolto nelle indagini, ma vi sarebbe un'altra figura, della quale non si sa se sia ricercata o già nelle mani delle autorità.

Dalle rivelazioni di Rezeq, inoltre, apparirebbe chiaro che la "rottura" di un nodo di telecomunicazioni sottomarino avvenuta il 20 dicembre di due anni fa nei pressi della Sicilia non sarebbe stato un incidente, ma il risultato di un'operazione israeliana di sabotaggio. I cavi spezzati (Semaway 3 e 4, nonché quello della Flag Corporation) avevano fatto piombare l'Egitto nel caos, facendo crollare l'80 per cento della rete informatica del paese e causando gravi scompensi anche nelle regioni vicine, fino al Golfo Persico.

Una settimana dopo Israele scatenava il suo "pogrom" militare su Gaza, l'Operazione Piombo Fuso.

martedì 28 dicembre 2010

Reportage esclusivo!! La polizia di Gaza onora i caduti nel secondo anniversario del 'pogrom' sionista!


La forza di polizia di Gaza, che cerca di mantenere la popolazione palestinese nella sicurezza persino sotto l'oppressiva cappa dell'assedio sionista, ormai prossimo a entrare nel quinto anno di durata, ha commemorato con una cerimonia pubblica i militi caduti sotto le granate e le cannonate del violentissimo "pogrom" militare scatenato esattamente due anni fa dalle forze armate dello Stato ebraico.

Dediti a proteggere e servire la popolazione civile della Striscia era fatale che i poliziotti di Gaza fossero fra i primi a subire perdite in una campagna militare che, venendo condotta secondo le "istruzioni" della criminale "Dottrina Dahyia" non cercava di colpire le forze armate di Hamas, ma anzi, si concentrava contro obiettivi civili per cercare, di converso, di creare problemi all'autorità e alla popolarità del movimento di Resistenza.

Fra i cinquecento uomini in uniforme che sacrificarono la vita durante l'attacco di "Piombo Fuso" (su circa 1450 vittime) circa un decimo facevano parte della polizia, mentre gli altri erano parte delle brigate Al-Qassam e di altre organizzazioni militari o paramilitari di altre frazioni della Resistenza palestinese (come le Brigate Salah-ad-Din, le Brigate Ali Abu Mustafa, le Brigate di Resistenza Nazionale e l'ala militare della Jihad Islamica). Come si può notare l'attuale strategia di attacco israeliana uccide circa due civili per ogni militare/miliziano colpito.

Fra i mille civili massacrati dallo Stato ebraico durante il "pogrom" contro il ghetto di Gaza 313 avevano meno di 17 anni.

50 di essi avevano meno di 5 anni.

Hezbollah ed Esercito libanese smantellano rete spionistica israeliana nello Chouf!


I servizi segreti militari libanesi, agendo in cooperazione con le forze della Resistenza guidate dal partito Hezbollah, hanno smantellato, fra domenica e ieri, una serie di sofisticate apparecchiature di ascolto e intercettazione piazzate nell'area di Tawmat Niha sul massiccio dello Chouf, arrestando tre personaggi coinvolti nella loro installazione, sospettati di far parte di una rete di spionaggio israeliana.

Il quotidiano An Nahar ha rivelato che i sistemi elettronici smantellati permettevano di monitorare la valle della Bekaa e la zona costiera fra Sidone e Jbeil e che la cooperazione delle forze di Hezbollah é stata "determinante" per la scoperta e la rimozione degli stessi. Qualche settimana addietro altri apparecchi installati da agenti israeliani erano stati rimossi dalla cima del Monte Sannine (a Nordest di Beirut) e dalle pendici del Monte Barouk, a Est della capitale.

Diverse personalità politiche libanesi con esperienza di intelligence militare come l'ex maggior generale Hicham Jaber (capo di "H&D" - Centro studi mediorientale per le Pubbliche Relazioni), l'ex Ministro della Difesa ed ex Ministro dell'Informazione Albert Mansour e il membro del Parlamento Qassem Hashem hanno rilasciato dichiarazioni in merito all'accaduto lodando l'efficienza delle Forze di difesa nazionale nello smantellare le reti di ascolto installate da agenti sionisti, mettendo in guardia contro l'eccessiva privatizzazione del settore delle telecomunicazioni e sottolineando l'efficacia della cooperazione fra Hezbollah ed Esercito.

Pochi giorni fa, un'operazione israeliana volta a costruire una simile rete di intercettazione in Egitto era stata "bruciata" dal "Mukhabarat" del Cairo; le prime indagini avevano rivelato come l'egiziano reclutato dal Mossad avesse ricevuto istruzioni di verificare la possibilità di approcciare personale con contatti in Siria e Libano, a dimostrazione di quanto il Paese dei Cedri rimanga oggetto delle attenzioni spionistiche dello Stato ebraico.