lunedì 24 giugno 2013

Il Patriarca Maronita e il Gran Mufti Sunnita condannano il rozzo predicatore takfiro, forse scappato all'ambasciata del Qatar!

Ahmed al-Assir, il superficiale e ignorante sedicente 'sceicco wahabita' che ha cercato di scatenare gli straccioni ai suoi ordini in una impossibile 'guerra civile' contro l'Esercito regolare libanese ha visto il suo "impero" (costruito nel giro di due anni di confuse predicazioni e di finanziamenti sauditi e qatarioti) crollare miseramente di fronte ai colpi dell'Armee e alla decisa volontà dei suoi membri sunniti di non disertare, ma anzi di vendicare i loro camerati (di qualunque setta fossero) caduti nel week-end sotto i vigliacchi colpi dei cecchini takfiri.

Dopo la conquista della moschea di Bilal ibn-Rabbah e quella del suo ufficio a Sidone, non sono rimasti più nascondigli per i fanatici armati seguaci di Assir, la maggior parte dei quali, é bene ricordarlo, non é nemmeno libanese, ma fa parte del variegato 'caravanserraglio' di islamisti inviati in Libano dalle petro-monarchie wahabite del Golfo, nella speranza che possano trasformare il "Paese dei Cedri" nel retroterra della guerriglia mercenaria anti-Assad.

Intanto sia il Patriarca Cristiano Maronita Beshara al-Rai che il Gran Muftì sunnita Sceicco Qabbani hanno espresso in termini inequivoci la loro condanna di ogni atto violento che turbi la pace e la convivenza tra differenti sette e religioni su cui si basa la vita civile in Libano. Particolarmente significativa la condanna del Gran Mufti, voce saggia ed esperta che sola interpreta la volontà e il pensiero della stragrande maggioranza dei musulmani sunniti, per nulla adulati dalle squilibrate infiammatorie concioni dei sedicenti 'imam' e 'sceicchi' takfiri, che col loro settarismo non indietreggiano di fronte agli appelli alle lotte intestine e allo spargimento del sangue di altri musulmani (come sciiti, sufi e altre sette...).

Si é intanto sparsa la voce che, ferito e senza riparo, Ahmed al-Assir possa essersi rifugiato nell'ambasciata del Qatar.

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