mercoledì 18 giugno 2014

"Domino Mesopotamico", una difficile partita per l'Iran e il suo Presidente Rohani

Man mano che si sviluppa e si articola la situazione in Irak, con l'apparire di evidenti limiti tattici, logistici e di "tenuta" delle falangi terroriste dell'ISIL e l'apparato di sicurezza e militare dell'Irak che, nonostante comportamenti dubbi e censurabili da parte di alcuni ufficiali, inizia a mobilitare le sue vaste riserve per fare fronte alla minaccia qaedista (in questo potendo anche contare sull'immediato e pronto sostegno dell'aviazione siriana) si evidenziano e si sottolineano similitudini ma anche differenze con gli eventi degli anni passati nella vicina Siria, similitudini e differenze che vale la pena di enucleare ed analizzare attentamente.

Un elemento di continuità tra eventi siriani e irakeni sta nel fatto che col loro settarismo nichilista e assoluto i mercenari wahabiti dell'ISIL si sono da subito alienati qualunque possibilità di simpatia/cooperazione (anche tacita) con settori della società irakena: curdi, cristiani, yazidi e altre minoranza si sono subito compattate attorno al Governo a guida sciita, consci che sotto il giogo salafita la loro vita sarebbe diventata impossibile, non solo, ma persino i clan e le tribù sunnite, che magari qualche anni fa erano tendenzialmente ostili ad Al-Maliki, adesso cooperano con le truppe regolari e le aiutano nelle operazioni di controffensiva e rastrellamento.

Altro elemento di similitudine é l'importanza della difesa dei luoghi sacri dalla furia iconoclasta wahabita: laddove in Siria uno dei principali ridotti di resistenza contro Al-Nusra ed ISIL é stato il Santuario di Sayyida Zeinab, luogo di devozione sciita, in Irak ve ne sono molti di più e anche di maggiore importanza: Kadimiya, Samarra, Najaf e soprattutto Karbala, luogo paligenetico dell'epopea sciita. Tutte località menzionate dal Presidente iraniano Rohani nel discorso con il quale ha promesso "Ogni sforzo" per proteggere questi santuari.

Se in Siria l'Iran ha svolto un ruolo principalmente politico-diplomatico, limitando i coinvolgimenti materiali a rifornimenti militari e appoggio tattico-formativo con ufficiali dell'IRGC che hanno addestrato e inquadrato i volontari sciiti nei Battaglioni Fadl abu Abbas e nei Battaglioni Zulfiqar, il ruolo della Repubblica Islamica in Irak potrebbe essere più proattivo: sia per la presenza di un confine fisico (se i tagliagole dell'ISIL si stabilissero permanentemente in certe zone dell'Irak potrebbero anche sconfinare e attaccare direttamente l'Iran), sia, come già detto, per la presenza in Irak di molti luoghi santi sciiti, visitati ogni anno da centinaia di migliaia di iraniani.

Tuttavia interventi troppo "evidenti" potrebbero rivelarsi controproducenti e non in linea con lo stile "understated" di gestione delle crisi e dei problemi fin qui adottato da Rohani e dal suo Governo, certo, se la situazione dovesse sembrare sul punto di precipitare anche uno statista prudente come lui potrebbe vedersi forzata la mano; per ora possiamo limitarci a dire (scimmiottando a bella posta i truismi dei cronisti a stelle e strisce) che per Teheran "tutte le opzioni rimangono sul tavolo"!

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